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Italia Oggi

La tempesta geopolitica internazionale è finita in un bicchiere (al Vinitaly) ... La tempesta geopolitica tra Russia e Ucraina finisce in un bicchiere. Di vino. Due giorni fa, nelle stesse ore in cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era in visita al Cremlino la Guardia di Finanza batteva a tappeto i padiglioni del Vinitaly, a caccia dei “famigerati” vini di Crimea. A portarli, a Verona, i vignaioli della Federazione Russa, per la prima volta presenti alla rassegna come paese produttore. Ma quei vini sono sotto embargo. Il regola-mento del consiglio Ue 692/2014 prevede, infatti, misure restrittive proprio a seguito della recente annessione della Crimea alla Russia. Accortosi della presenza dei nettari sugli scaffali, Oleksii Lubetskyi (un promotore di esportazioni ucraine) ha denunciato la cosa, prima sui social, poi al governo ucraino. Apriti cielo! Kiev ha fatto pressioni su Roma, quindi un portavoce del ministero degli esteri ucraino, Maryana Betsa, ha reso noto che Veronafiere ha invitato i russi “a non esporre più merci del-la Repubblica autonoma di Crimea al Vinitaly 2017”. Nel frattempo, i finanzieri procedevano al sequestro delle bottiglie. La notizia è rimbalzata sui media russi, tanto da far sbottare sia Sebastopoli che Mosca. “Questa è maleducazione”, ha stigmatizzato il presidente (nonché primo ministro) della Crimea, Sergej Misynov. E ancora: “È una provocazione ispirata dalle autorità ucraine per mettere in ombra il successo della visita di Mattarella”, ha tuonato il portavoce degli Esteri russo, Maria Zakharova. Sta di fatto che, nonostante l’embargo, quei vini sono arrivati sugli scaffali veronesi. E come fossero un lapsus freudiano, hanno svelato al mondo che le sanzioni alla Russia sono indigeste ad ampie fette di imprenditoria. Non solo. L’incidente ha rivelato agli enoappassionati che la Crimea produce vini tali da essere esposti in una delle più importanti fiere del mondo. Togliendoli dal cono d’ombra. Lo stesso Vinitaly è diventato per qualche ora l’ombelico geopolitico d’Europa. Il suo marchio ha reso frizzanti i salotti diplomatici. Tutta pubblicità gratuita, insomma, grazie a una tempesta in un bicchiere. Che alla base ci sia una scelta razionale o semplice superficialità non rileva. L’importante è che se ne parli.

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