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Italia Oggi

Le bollicine pure a pasto … Il presidente di Federvini, Sandro Boscaini, legge la congiuntura vinicola... Cambiano i costumi, più qualità nei consumi... Le bollicine? Arrivano sempre di più ogni giorno in tavola, anche per pasti. Ma, assieme a Prosecco e spumanti, sono i consumi di vino in generale a salire nel Belpaese, trainati dalla qualità. Con qualche nuvola all’orizzonte sul versante export: i produttori sono preoccupati dal possibile profilarsi di nuovi dazi e dall’eventuale diffondersi delle etichettatura a semaforo. A tracciare a ItaliaOggi il quadro del vino italiano, è Sandro Boscaini appena rieletto presidente di Federvini.
Domanda. Quale momento vive il settore?

Risposta. Anche se non c’è la tendenza dilagante degli ultimi anni, e non era neppure possibile pretenderlo, continuano risultati apprezzabili in tutto il mondo. Ma è soprattutto in Italia che ci sono segnali di ripresa interessanti. Finalmente il consumo si è stabilizzato; si è perso “il bere smodato” di vino. Gli italiani che consumano più di mezzo di litro al giorno sono scesi dal 7,5 a 4,5% tra il 1983 e il 2003, per arrivare oggi al 2,6 - 2,7%. Ma ciò che è interessate è che sono disposti a bere meglio e a spendere di più.

D. Come si può recuperare valore?

R. Il territorio è coperto da vigneti, la Ue non ci dà possibilità di crescere se non con una goccia di 6 mila ettari l’anno. La crescita deve e può avvenire se i nostri produttori prendono coscienza che il valore del nostro vino è legato a fattori di grande importanza come paesaggio, cultura, diversità tra regioni, grande varietà. Il problema è che la ricerca del valore non è stata mai perseguita a livello generale. Il valore medio dello sfuso italiano in cantina è inferiore a quello di Argentina, Australia e Stati Uniti, per non dire della Francia. Se applicassimo il valore medio dello sfuso francese avremmo 6,5 mld di euro di fatturato in più rispetto ai 22 mld generati attualmente dal giro d’affari del vino italiano.

D. Ci sono nuovi modelli?

R. Quel che emerge è l’uso delle bollicine come bevanda normale giornaliera a tavola. Una tendenza partita da Italia e Germania, poi arrivata negli Usa, che ha portato un notevole successo della spumantistica italiana E del Prosecco su tutti. Per questo oggi non si parla più di tre, ma di quattro tipologie di vini: bianco, rosso, rosato e spumante.

D. Si può legare vino e turismo, sfruttando la sinergia?

R. Certo, è una sinergia naturale, la vera sinergia da attuare. Il vino è uno dei perni attorno al quale ruota il turismo in Italia.

D. E novità, come l’etichettatura a semaforo, possono essere pericolose per l’export?
R. Siamo contrari; non si può risolvere tutto con un semaforo. Dobbiamo fare cultura, come fa Federvini assieme a Fipe. Occorre spiegare. E intervenire quando si tende ad eccedere nel bere. I vini vanno raccontati, i veti non servono

D. I “muri” al libero scambio minacciati dal neopresidente Usa, Donald Trump, sono un problema?

R. Di problemi, in giro per il mondo, ce ne sono. C’è la chiusura del Brasile, ad esempio, o l’aumento delle accise in Irlanda, dove oggi si supera il prezzo di partenza del vino dall’Italia. Tutto questo crea apprensione; ma questa è ancor più marcata quando si sentono raccontare le ricette che l’amministrazione Usa - il mercato più importante per noi - avrebbe in mente.

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