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La Guida Del Cibo / La Repubblica

Piemontese bianco e Cortese ... Gavi: re dei ristoranti estivi negli anni Sessanta, era finito nel cono d’ombra. Rilanciato da produttori che ne hanno coltivato la struttura e la vena minerale, ora sa esaltarsi perfino con l’invecchiamento ... Le mode, effimere per definizione,
non hanno mai interessato il mondo del vino per secoli sonnecchiando in un placido immobilismo. Per un curioso paradosso, a partire dagli anni Ottanta la situazione si è rovesciata. Negli ultimi tre decenni non c’è forse settore della vita pubblica in cui cambiano tanto velocemente modelli, stili, favori del pubblico. In una girandola di voltafaccia: vino in barrique/macché vino in barrique/vino strutturato e morbido/macché vino strutturato e morbido... Una vittima illustre di questi chiaroscuri modaioli è stato il Gavi, il bianco piemontese per antonomasia, che nasce in un’area sud-occidentale della regione al confine con la Liguria. La storia del Gavi e del vitigno da cui deriva, il cortese, è molto antica. Le prime fonti documentali risalgono al diciassettesimo secolo, mentre già nella seconda metà dell’Ottocento il vino che si produceva da queste parti veniva esportato all’estero. Nei decenni successivi, una lenta ma sicura ascesa verso una grande notorietà. Molto in voga fino grosso modo alla fine degli anni Settanta, onnipresente nelle carte dei vini e negli scaffali delle enoteche, il Gavi entra poi nel cono d’ombra delle tipologie uncool presso gli enofili. Il successo iniziale si basava infatti spesso su prodotti scarichi di colore, anemici nei profumi e piuttosto vuoti nel sapore, sostenuti soprattutto o soltanto da una nervosa acidità. Vendemmie anticipate, scarsa maturità dei grappoli, una tecnica enologica iperinterventista che - qui come in quasi tutto il resto d’Italia - aveva come modello stilistico il bianco leggero, scarnificato, di consistenza acquosa: tutto congiurava perché il Gavi, da reuccio dei ristoranti estivi, perdesse terreno in favore di prodotti più strutturati e soprattutto più morbidi e ricchi di aromi. Dopo, risalire la china fino ad esplorare gli estremi limiti qualitativi della varietà e delle differenti aree produttive ha richiesto tempo. Tempo che facesse maturare nei migliori produttori la consapevolezza di poter fare un bianco di livello internazionale. Oggi i migliori Gavi sanno finalmente esprimere una qualità senza compromessi e un carattere definito, in una originale capacità di alternare tratti aromatici delicati, floreali, agrumati, a una robusta vena minerale e a un sapore vibrante, di grande freschezza. Protagoniste di questo rinnovamento, le case vinicole più antiche e un piccolo gruppo di aziende di più recente fondazione. La firma più famosa della zona è La Scolca, attiva fin dai primi del 1900 e oggi condotta dalla quarta e quinta generazione della famiglia Soldati. Qui nasce la prestigiosa etichetta del Gavid’Antan, un vino dal carattere unico che esce in commercio dopo oltre dieci annidi affinamento. Sono numerosi però i produttori meritevoli di una citazione. In rapida rassegna ricordiamo Castellari Bergaglio, giunti “soltanto” alla quarta generazione; il Castello di Tassarolo della famiglia Spinola, il nucleo storico de La Toledana, e ancora Villa Sparna dei fratelli Moccagatta, La Smilla e La Caplana della famiglia Guido, La Giustiniana della famiglia Lombardini, senza tralasciare La Chiara dei cugini Dario e Gianluigi Bergaglio. Ad offrire il segno del rinnovato slancio ricordiamo gli ottimi vini proposti da Franco Martinetti (Gavi del Comune di Gavi e Gavi Minaia), e il sapido Gavi Le Colombare della Tenuta Santa Seraffa.

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