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La Repubblica

Vorrei un Sassicaia, anzi due… al calice … Ristoranti, enoteche e locali stanno ampiando l’offerta di grandi vini al bicchiere come alternativa all’intera bottiglia : cresce la richiesta, complici la curiosità di assagiare più etichette e la voglia di consumare meno alcol… Pranzo di lavoro, un solo piatto e la necessità stare leggeri, ma senza rinunciare al piacere della tavola. Cena di coppia o di famiglia, ma solo lui o solo lei ama bere vino. Tavolata di amici, il desiderio di provare non solo un’etichetta, ma di concedersi anche quel bianco o quel rosso importante. Tre situazioni differenti, una sola soluzione a portata di mano, o meglio di bicchiere: il vino al calice. Tutte le volte che una bottiglia è troppo, oppure non basta a soddisfare la curiosità dei commensali, la possibilità di evitare l’ormai anacronistico “vino della casa” e di scegliere un solo calice si presenta allettante per tanti motivi, compreso quello puramente economico. Fino a qualche tempo fa, nella maggiore parte dei locali quando si apriva la carta dei vini, spesso si scopriva una selezione ridotta a un minimo di etichette, giocando un po’ al ribasso. E in molti casi è ancora così. Ma oggi la tendenza inizia ad invertirsi grazie a giovani imprenditori, chef e sommelier lungimiranti che hanno capito che il cliente ha voglia di sperimentare e degustare vini di pregio al calice, senza per forza consumare l’intera bottiglia. Una scelta legata sia alla curiosità sia al desiderio di ridurre la quantità di alcol a pasto. E crescendo questo tipo di richiesta, diminuisce anche il rischio di “spreco” per il ristoratore che si trova ad avere sempre più movimento di bicchieri. Nonostante qualche resistenza dunque, sempre più ristoratori e gestori di enoteche offrono prodotti diversificati ed eccellenti, consentendo al cliente di ricercare, scoprire e divertirsi. E' il caso de Le Volpi e l’uva in centro a Firenze, enoteca con piccola cucina da decenni votata alla ricerca di cantine-gioiello, con un’offerta al calice che spazia fra almeno una trentina di opzioni, da Riesling, bianchi della Loira e Vermentini, fino a Baroli, Bolgheri (Sassicaia compreso) e Brunelli di Montalcino. La stessa cosa succede al ristorante Veritas di Napoli, stellato informale e senza inibizioni dove convivialità e condivisione significano anche aver reso tutta la corposa carta dei vini disponibile al calice (escluse le bollicine), con un prezzo prefissato che corrisponde a 1/5 del prezzo della bottiglia intera. In ogni caso, c’è la Doggy wine-bag, così il vino che non consumate a tavola viene a casa con voi con una speciale chiusura. Ampia scelta di calici anche al ristorante Sissi a Merano, una stella Michelin, come spiega lo chef Andrea Fenoglio: “Abbiamo una carta dei vini con oltre 500 etichette e le prime due facciate sono interamente dedicate ai vini al calice. Alcuni sono quelli che proponiamo con i nostri menù, con una prevalenza per vini locali e più abbordabili, in costante rotazione. Altre sono invece bottiglie di alto livello aperte con il Coravin, per consentire ai clienti di assaggiare i grandi rossi italiani, i francesi di Bordeaux o della Borgogna, i biodinamici più quotati, spendendo anche 40 euro al calice. È una proposta che sta funzionando molto bene”, conferma Fenoglio, che a Merano ha anche la pizzeria 357, dove tra i tanti vini al calice (soprattutto biologici) offre anche champagne al bicchiere, per la gioia dei commensali. Sul Lago Maggiore piemontese, a Verbania, raffinatore di formaggi Eros Buratti ha creato “La Casera”, bottega con i tavoli dove robiole, torre, taleggi e il famoso Bettelmatt si abbinano a una proposta settimanale di vini al calice che spazia da Nord a Sud con una particolare attenzione alle piccole produzioni, sinonimo di territorialità e biodiversità. “Sono sempre stato un grande sostenitore di questa opzione, che può essere una vera e propria salvezza per la ristorazione - dice Eros -. Per me il vino al bicchiere deve essere una sorta di dialogo tra l’oste e il cliente, un’occasione per far scoprire e appagare. Per questo sono convinto che debba essere utilizzato bene: non amo chi tiene alto il prezzo di un calice, per poi offrire gratuitamente piattini di appetizer di scarsa qualità. Meglio far pagare un po’ meno il vino e proporre un piatto di accompagnamento al giusto prezzo. Noi da tempo abbiamo alzato l’asticella, aprendo con successo sempre più bottiglie di Barolo, Bordeaux, Borgogna e Amarone”. A Prato, l’Enoteca Ardengo di Mirko Banacchioni e Lollo Filippini fin da quando è nata ha seguito una filosofia precisa: “Proporre vini di qualità, serviti perlopiù al calice da formati magnum utilizzando il sistema Coravin - spiega Mirko -. Nel periodo di pandemia abbiamo dovuto accettare qualche compromesso, ma la maggior parte della nostra clientela è affezionata a questa idea, che consente di divertirsi e di provare anche quattro o cinque vini durante una cena, senza alcuna esagerazione né di consumo né di prezzo”. Le proposte non devono essere mai banali: “Seguiamo il nostro gusto e cerchiamo di far scoprire la grande varietà che l’Italia del vino può offrire, andando oltre le solite etichette". Un concetto sposato in pieno anche da un professionista come Alfredo Buonanno, sommelier del ristorante Kreisos, due stelle Michelin a Telese Terme, in provincia di Benevento. “Il 99% dei nostri clienti per il vino sceglie la formula “pairing”, che ci consente di abbinare vari calici al menù proposto dallo chef Giuseppe Iannotti - spiega Buonanno In un locale con pochi tavoli come il nostro, è il modo migliore per far girare le bottiglie di una carta dei vini con oltre 2300 proposte”. Ma per avere successo, occorre conquistarsi la fiducia del consumatore. “Purtroppo, c’è chi guarda ancora con sospetto al “pairing” perché teme abbinamenti scontati o dettati da accordi commerciali. Per noi, invece, è esattamente l’opposto: il calice ci permette di avere la massima libertà nel proporre vini d'autore, artigiani, valorizzando anche territori meno noti”.

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