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La Stampa

Vini, cibo e turismo: dopo il boom economico la sfida è la sostenibilità … Cinque anni fa, il 22 giugno 2014, a Doha l’Unesco accoglieva i paesaggi viticoli di Langhe, Roero e Monferrato tra i siti Patrimonio dell’umanità. Un traguardo importante, che ha dato definitivamente il via alla nuova stagione del turismo enogastronomico. Scrollatesi via le ultime remore di un passato legato alla povertà e alla semplicità contadina, le dinamiche colline del vino hanno allargato i loro confini ben oltre i limiti tradizionali, diventando una destinazione che richiama visitatori dall’Italia come dall’estero. A conferma di questa vocazione, due anni fa l’Unesco ha aggiunto un’altra medaglia, proclamando Alba Città Creativa per la Gastronomia, inserendola in un circuito esclusivo e mondiale di località che hanno identificato la creatività come elemento strategico per lo sviluppo urbano sostenibile. Dunque, com'è che un piccolo mercato agricolo senza molte pretese si è trasformato in un modello di dinamismo imprenditoriale, commerciale e turistico? La storia è nota: una straordinaria generazione di creatori d’impresa che hanno fondato dal nulla aziende che hanno poi assunto dimensioni multinazionali, i pullman sue giù per le colline, la stagionalità di alcune lavorazioni come la vite e il nocciolo che ha consentito ai contadini-operai di tenere un piede in fabbrica e uno sulla terra. Così operando, le colline albesi hanno lentamente scoperto la loro vocazione, diventando negli ultimi anni le artefici del secondo boom economico vissuto dalle Langhe e dal Roero dopo quello industriale. Il fatturato del settore turistico in tutto il comprensorio oggi ruota intorno ai 250 milioni di euro e dà lavoro a oltre 7mila addetti, impegnati in più di mille aziende con 12mila posti letto e 42mila coperti. Tutti numeri che sono pressoché raddoppiati in una dozzina d’anni. E il modello di una “Smart Country” dove imprese e territorio stanno cercando di creare un rapporto virtuoso di crescita e di vantaggio competitivo, investendo nei vari ambiti del tessuto sociale. La diversificazione dei settori e la marcata propensione all’export hanno consentito di superare anche gli anni di crisi, pur con sacrifici e ristrutturazioni. Ma il recente balzo deve essere visto come un punto di partenza, non di arrivo: il boom va gestito e consolidato nel solco della crescita sostenibile, della valorizzazione e di un’offerta in grado di soddisfare ogni palato, senza snaturarsi. Dopo l’euforia, è arrivato il momento della consapevolezza: quella di una più oculata gestione del paesaggio e dell’ambiente, per dare un futuro alle nuove generazioni che abitano e lavorano su queste terre tanto belle, quanto fragili. È la nuova stagione delle buone pratiche, delle relazioni internazionali all’insegna della sostenibilità ambientale dei prodotti e del cibo, con impatto diretto su turismo e visibilità, imprese e categorie di settore. Come ricorda Slow Food, che proprio qui è nata 30 anni fa, “il cibo è al centro della crisi climatica, perché nulla impatta sull’ambiente come ciò che mangiamo: la produzione agroalimentare è connessa con il paesaggio, con le emissioni, con la salute”. Ed è proprio partendo dalle comunità locali che si può percorrere il sentiero del cambiamento. “Zona colpita da improvviso benessere”: così il patriarca del Barolo, Bartolo Mascarello, definiva le Langhe ormai tanti anni fa, scorgendo in anticipo tutti i segnali di pericolo che oggi sono ben evidenti. Non basta piantare vigneti in Alta Langa per sfuggire agli effetti del cambiamento climatico, non basta costruire parcheggi più grandi per accogliere un numero sempre più elevato di turisti. Occorrono politiche sagge per governare questo benessere, servono educazione, rispetto e spirito di emulazione per condividerlo tra tutti e renderlo compatibile con l’ambiente in cui viviamo.

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