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La Stampa / Dossier Piu'

Il vino secondo me ... Cultura da bere ... Enrico Viglierchio - Direttore Generale Castello Banfi... Un luogo privilegiato quello del Vinitaly, non solo perché rappresenta forse la più bella ed interessante fiera di settore al mondo, ma anche, e soprattutto, perché fa capire dove e come evolve l’enologia nazionale. Decisivo poi per avvicinare al mondo del vino italiano appassionati e addetti ai lavori provenienti dall’estero. Un fatto che molto spesso riduciamo alla banalità dell’ovvio, ma che invece, permette alla stragrande maggioranza delle aziende vitivinicole nazionali di annullare per un attimo quella dose, anche se sempre più modesta, di provincialismo, inesorabile e incombente per noi italiani. Almeno per accorgersi che la percezione del vino tricolore da parte degli stranieri è molto più articolata di quella che ci immaginiamo.
E in questa sorta di giuoco, vorrei farmi portatore di quella visione, non importa se proveniente dalla Germania oppure dal Giappone. Il vino italiano, agli occhi di un forestiero, è soprattutto percepito come un “mix” indivisibile di cultura, storia, life style e territori. Un potente mezzo evocativo, uno straordinario strumento di comunicazione che funziona benissimo. Un “sistema” complesso di sogni e di realtà impossibile da ridurre alla dimensione di semplice prodotto che noi molto spesso critichiamo aspramente, ma che in realtà fuori dai nostri confini molti, quasi tutti, ci invidiano. Una bottiglia di Brunello di Montalcino, piuttosto che di Barolo, non è quasi mai percepito dall’appassionato o dall’addetto ai lavori straniero, appunto, soltanto come una bottiglia. Certo, evidentemente, è anche questo, ma soprattutto è una sorta di scrigno dove stanno valori, civiltà e territori, pressoché invidiati da tutti.
Luoghi che albergano nei sogni di molti che siano tedeschi, americani o asiatici. Montalcino e Castello Banfi, forse, si sono accorti prima degli altri di questo mondo profondo celato al di là del bicchiere e hanno offerto a tutti i territori vitivinicoli d’Italia, l’opportunità di guardare al proprio modello. Un modello che a Castello Banfi continua ad essere di successo e la cui esportazione nel mondo rappresenta una delle “mission” principali della nostra azienda. Con la prossima edizione del Vinitaly, vogliamo amplificare ulteriormente queste suggestioni, rendendole concrete e disponibili: ospiteremo nel nostro stand uno spazio dedicato esclusivamente all’ospitalità e all’offerta del nostro territorio. Perché il vino italiano segua il suo destino, che è quello di andare oltre se stesso.

Il mondo bio dinamico ... Cosimo Maria Masini - Tenuta di Poggio srl San Miniato (PI); ettari vitati 13, produzione complessiva attuale 40.000 bottiglie... A trent’anni sono al mio terzo Vinitaly che considero la manifestazione più importante a cui una azienda giovane come la mia possa partecipare, non solo per consolidare la propria visibilità, ma anche per aumentare contatti e rapporti con un mondo, quello del vino, complesso e molto concorrenziale. Ai miei occhi questo mondo appare soprattutto come un mondo “dinamico”, animato, forse con qualche eccesso, da mode e tendenze in evoluzione, a volte effimere, ma anche da processi di cambiamento della percezione stessa del vino, dal punto di vista del gusto certo, ma anche del suo senso più intimo e profondo. Un motivo quest’ultimo, fra gli altri, che mi ha spinto a coltivare i miei vigneti dapprima con i metodi dell’agricoltura biologica e poi con quelli della biodinamica e a cominciare a sperimentare tecniche di vinificazione ispirate dagli stessi principi. Per me la biodinamica non è una moda o un semplice escamotage per uscire dall’anonimato, è prima di tutto un punto di approdo di un percorso culturale, legato profondamente a valori naturalmente perseguiti nella mia famiglia (mio padre è il titolare della “Teseco”, società per lo smaltimento e la messa in sicurezza di rifiuti industriali).
Per questo, appena ho cominciato ad occuparmi della mia azienda, la coltivazione biologica del vigneto mi è sembrato il minimo che potessi fare. Poi, l’incontro con le teorie di Rudolf Steiner e soprattutto con il libro “Fra cielo e terra” di Nicolas Joly, (viticoltore francese riconosciuto come il personaggio di riferimento mondiale in tema di biodinamica applicata al vino n.d,r.) e i ripetuti confronti, in Italia e in Francia, con viticoltori biodinamici, mi hanno convinto a perseguire questa strada anche nella mia azienda, nonostante le difficoltà, soprattutto, culturali che ancora sussistono. Mi spiego meglio. Di questi tempi, la biodinamica è diventata oggetto frequente di discussione e spesso argomento su cui molti ironizzano, primi fra tutti la gran parte dei tecnici, fondamentalmente scettici in quanto “scientifici” (cioè metodo- logicamente legati al rapporto causa-effetto), e che collegano superficialmente tale pratica ad un empirismo immediato che, nel bicchiere, si traduce in vini ossidati e instabili, cioè nel ritorno del “vino del contadino”, faticosamente allontanato dal panorama enologico, dopo anni di progressi tecnici.
In realtà, il viticultore biodinamico insegue un ampliamento dei parametri qualitativi che definiscono il quadro di riferimento di un vino, e un’azione più concreta nel rispetto del territorio e dell’ambiente, accanto ad una concezione armonica del ciclo produttivo, in grado di restituire centralità all’elemento naturale, partendo dalla considerazione della terra come essere vivente, parte integrante dell’universo. E la vite, come qualsiasi altra pianta, partecipe di questo stesso universo. Un cambiamento radicale nel modo di approcciarsi alle pratiche agronomiche, che si fonda però su una base molto concreta, del tutto lontana dall’idea stereotipata del biodinamico.

Ascoltate un figlio di contadini ... Giacolindo Gillardi - Produttore di dolcetti e Harys in Farigliano... Non so bene se sia dovuto alle molte citazioni che troviamo nelle Sacre Scritture, ma il vino è da ritenersi, fra quelli agricoli, un prodotto miracolato! La sua fortuna è legata da una parte alla storia, al fascino e al sacrificio di lavorare la terra, dall’altra si innesta perfettamente alla modernità, con la possibilità di tracciare una filiera completa fra la produzione di un frutto e la sua proposta sul mercato come prodotto trasformato, e col poter soddisfare quel bisogno di protagonismo che può manifestarsi fra i suoi interpreti.
Con tutti questi elementi, negli ultimi anni, molte persone si sono avvicinate al mondo del vino, ne hanno condizionato il gusto e determinato la variazione di alcune tecniche produttive, in più hanno fatto sì che nuove etichette arrivassero sul mercato. Fra queste, alcune nate da abituali produttori di sola uva spinti dall’ambizione del confronto con la vinificazione in proprio, altre da investitori arrivati da altri settori per una miscellanea fra guadagno e prestigio, oppure da personaggi famosi attratti dall’etnico che il vino può rappresentare. Quindi nuove bottiglie tante proposte. Alcune azzeccate, altre meno. L’essere figlio di contadini mi ha insegnato che la terra ti obbliga al rigore dei cicli naturali e al sacrificio.
Una volta sulle nostre colline scrissero “La malora”, che non significa obbligatoriamente “sfortuna”, ma anche perseveranza e tenacia. Un tempo poteva semplicemente intendersi con l’affrontare il disagio di vivere in campagna, oggi con l’essere ignorati o non capiti per il proprio stile. In entrambe i casi, il patire una grandinata sapendo sempre di essere esposti a questo tipo di avversità.
Coltivare la terra equivale a creare storia. Non lo si può fare per moda o per tendenza. E’ ben di più: ambire a migliorarsi, essere consapevoli di avere un mandato per tutta la vita a tutelare quel lembo di terra, ad aumentarne il prestigio, a difenderne gli ideali. Tutte queste cose si trovano nel bicchiere. Chi beve quel bicchiere le pretende. Un grande vino deve avere un significato, contenere un perché e saperne dare la risposta. E’ per questo che forse la selezione naturale, o l’evoluzione che tutela e salvaguarda le specie più forti è tutt’ora in atto e sta riportando il mondo del vino, quello vero, in mano a quelle aziende che hanno per protagonisti coloro che sono i reali custodi di questo meraviglioso mondo.

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