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La Stampa / Specchio

La genetica in aiuto del buon vino ... In un clima di crescente avversione verso tutto ciò che è biotecnologico, il lavoro di un gruppo di ricercatori della sede torinese del Cnr offre agli scettici la possibilità di ricredersi. In collaborazione con la Facoltà di Agraria, il Centro per il miglioramento genetico e la biologia della vite del Cnr di Torino impiega le tecniche tipiche dell’ingegneria genetica per migliorare la qualità dei nostri vini e preservare la biodiversità in questo ambito dell’agricoltura. Infatti la scienza può dare un contributo agli sforzi che i viticoltori da sempre attuano per arrivare a produrre uve sempre più pregiate (e che si sta traducendo in una crescita delle vendite, specie all’estero, dei vini italiani). Per migliorare la resa di un vitigno, nel passato si sono tentati diversi tipi di innesti per ottenere incroci e ibridi selezionati; tentativi, spesso empirici o grossolani, che non sempre danni i risultati sperati. Invece, conoscendo a fondo il Dna di una pianta (ovvero quello che da dieci anni fanno i ricercatori di Torino) si può intervenire in modo mirato. Ma non solo. Le logiche del mercato portano inevitabilmente a coltivare quei vitigni che rendono di più, che resistono meglio al maltempo, che sono più facili da viniificare. Così altre “razze” di uva rischiano di scomparire: ai primi dell’800 in Piemonte si coltivano quasi 700 diversi vitigni, mentre oggi sono meno di 50.
L'Arca di Noè delle uve: gli studiosi del Centro per il miglioramento genetico delle vite del Cnr di Torino curano direttamente un vigneto che funziona come l'Arca di Noè: vi crescono infatti 400 diversi vitigni, di cui 300 rarissimi, salvati in questo modo da una sicura estinzione.

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