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La Stampa / Specchio

Non basta la botte a fare il vino ... Nel bel mezzo di un momento di grande rinnovamento dell’enologia nostrana, il legno ritornava nelle cantine con caratteristiche e modalità di impiego nuove e, soprattutto, facendosi attore decisivo nel disegnare la personalità organolettica dei vini. La barrique, infatti, non è un semplice contenitore: le sue dimensioni e, soprattutto, il fatto di essere impiegata nuova o seminuova ne fanno uno strumento fondamentale nell’evoluzione del vino perché aromi e profumi del rovere di cui è fatta passano nel vino. Ma il prevalere, per certo periodo, di modelli gustativi più americani che francesi, fortemente segnati dai sentori boisé, e le iniziali comprensibili incertezze dei produttori nel padroneggiare la nuova tecnica diedero il via a una sorta di crociata contro i vini di nuova generazione, che qualcuno sprezzantemente battezzò “vini del falegname”.
A mente fredda possiamo ribadire quello che noi di Slow Food e dell’equipe della guida Vini d’Italia abbiamo sostenuto da subito: la barrique è uno strumento di cantina – non un feticcio, un simbolo o una bacchetta magica – capace di portare il suo contributo all’elaborazione dei grandi vini che l’Italia ha dimostrato di saper offrire in numero crescente, per aver spostato la qualità a partire dalla vigna e recuperato in chiave moderna una filosofia sanamente artigianale, mettendo da parte logiche massificate e industriali ...

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