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La Stampa / Specchio

Agricoltura coraggiosa ... Nell’immaginario di molti italiani il Carso è un luogo estremo, quasi metafisico. Invece è un territorio reale, vivo, in continua modificazione. Qui avviene un fenomeno geomorfologico particolare, che proprio da questa zona prende il nome: il carsismo. La roccia che costituisce questo bastione alle spalle di Trieste, a causa di specifiche condizioni locali, diventa solubile, per poi risolidificare nelle cavità del sottosuolo. Si formano così delle depressioni - le doline - dalle quali si infrattano nel sottosuolo canali che si espandono e si costringono, creando grotte, stalattiti, stalagmiti, in una miriade di colori caldi. Le piogge dilavano il suolo; la terra, rosso bruna, si accumula sul fondo delle doline prima di essere inghiottita. Nessuna possibilità di arare la terra, dunque, lasciata all’invasione degli arbusti oppure falciata con grande attenzione.
Alcuni vignaioli coraggiosi hanno impiantato le viti dove possibile, trasportando camion di terra per consentire l’attecchimento della pianta. È un’agricoltura davvero coraggiosa quella praticata sul Carso, che gode e subisce anche un altro fenomeno, detto della bassa montagna. Le condizioni climatiche, infatti, nonostante un’altitudine di 3-400 metri, sono tali da far crescere una vegetazione tipica di altitudini doppie o triple, soprattutto a causa della bora, il vento freddo che, risaliti i Balcani, trova la prima finestra di sfogo proprio sull’altipiano carsico. Qui è dunque indispensabile creare dei volani che consentano una redditività dell’attività agricola Non ci si può accontentare del prodotto di base: uva, latte o olive che siano. Occorre creare il valore aggiunto. Ecco allora che i vignaioli, tutti con piccole aziende, producono vini sempre più originali, qualcuno sperimenta la botte in pietra. Qualcun altro ripercorre la strada aperta da Gravner e prova le anfore di terracotta interrate. Chi ha mucche produce formaggio, in certi casi lo affina in grotte a decine di metri nel sottosuolo. Dal latte di pecora per due mesi si fa formaggio, ma per il resto un ben più redditizio gelato.

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