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La Stampa / Speciale Vinitaly

Uve italiane su la testa! ... Il Vinitaly 2011 fa il punto sulle nostre vigne. Cresce in positivo il legame con il territorio... Signori si brinda. Nonostante tutto, il mondo del vino si presenta all’annuale appuntamento del Vinitaly con la voglia di tornare a sorridere. Le cifre lo confermano. La crisi più acuta sembra passata e l’enologia mondiale pare pronta a riprendere il trend di crescita che ha caratterizzato gli anni del passaggio di Millennio. Sono ormai 44 gli Stati che aderiscono all’Oiv (Organizzazione internazionale della vite e del vino) che ha sede a Parigi ed è diretta dall’italiano Federico Castellucci. Con l’ultima adesione dell’India e con la Cina nel ruolo di “osservatore”, l’organizzazione sta diventando sempre più l’Onu del vino rafforzata dalla collaborazione con la Fao e l’Organizzazione mondiale della Sanità. Un comparto importante sia sul fronte enologico che su quello della produzione di uva da tavola. L’Italia dei grappoli ha un ruolo mondiale che il Vinitaly sottolinea ogni anno, soprattutto per la capacità di esportare il Made in Italy in bottiglia. È stato calcolato che il settore, per il nostro Paese, ha significato quasi 14 miliardi di fatturato nell’ultimo anno, con un numero di addetti che arriva a 1,2 milioni impegnato in 700 mila imprese. Quasi 4 miliardi derivano dall’export a conferma che il settore è al primo posto nella bilancia agroalimentare italiana. Maxi cifre scintillanti, che non nascondono però i problemi strutturali del settore. Le imprese lo sanno e ne discuteranno anche al Vinitaly. Secondo i dati elaborati da Assoenologi, la produzione italiana nel 2010 è arrivata a 45 milioni di ettolitri. Si è confermato il calo della superficie vitata, ma è aumentato il rapporto medio ettari/azienda, triplicato dagli anni Novanta a oggi. Continuano a scendere i consumi interni (ora sono a 43 litri pro capite) frenati certamente anche da paure legate ai controlli con gli etilometri, soprattutto nella ristorazione. La produzione di 45,5 milioni di ettolitri equivale al 3,3% in meno rispetto alla media quinquennale, ed è la conseguenza del calo della superficie vitata: nel 1990 le vigne si estendevano su 970.000 ettari, ora sono 700 mila (-28%), ma è cresciuta la superficie media aziendale passata da uno a tre ettari. Il che significa una viticoltura meno parcellizzata e più professionale che ha avuto la capacità anche di attirare o trattenere forze giovani tra i filari e nelle cantine. È questo un elemento positivo di riflessione. Viticoltura ed enologia possono crescere ancora più di quanto già fanno in un comparto che offre sbocchi professionali nuovi e interessanti. Il Vinitaly serve anche a questo: dimostrare che il vino italiano non si delocalizza, anzi, trova nelle forza dei territori e della tipicità la spinta per andare per il mondo a testa alta.

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