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La Stampa

Il re degli chef - Bocuse: l´unica guida è la Michelin. "Tutti i cibi devono essere apprezzabili immediatamente e le novità non esistono" ... «C´est compliqué, très compliqué». Paul Bocuse, il mito della cucina mondiale, siede rinfrancato nella sala storica della «Contratto», a Canelli, dove si prepara a dar vita a una delle più memorabili serate de «Le grandi tavole del mondo». «Ho sbagliato strada, mi sono perso nella campagna gelata - racconta -. Poi però mi sono scaldato con un pranzo in ritardo, qui al ristorante San Marco: tajarin, lasagne con i carciofi, ravioli al sugo di coniglio e gnocchi "nature". Quattro assaggi di pasta. Adoro la pasta». Il presidente Chirac l´ha definita «un monumento del patrimonio nazionale francese». Come ci si sente ad essere qualcosa come l´Arco di Trionfo? «Un monumento io? No. Ho i miei anni, ma non mi sento ancora così vecchio. A parte gli scherzi, una definizione del genere implica grandi responsabilità e penso che non ci si debba mai prendere troppo sul serio». Comunque lei ha creato un nuovo modo di far cucina. E questa è una grande responsabilità. «Non ho fatto altro che lavorare con le mani, come un buon operaio, e tento di trasmettere questa capacità alle generazioni future perché nel nostro lavoro niente conta come l´esperienza diretta». Quando ha cominciato a fare il cuoco pensava di entrare nella storia della cucina? «La mia famiglia fa cucina dal 1765, sempre nello stesso paese: Collonges au Monte d´Or. Guardarsi indietro è una scuola di umiltà. Nel momento della vita in cui uno crede di essere riuscito è già fallito». Come la nasce la nouvelle cuisine? «Ecco, è "très compliqué". La cucina è una cosa complicata. La nouvelle cuisine è una cosa straordinaria ma è una storia di uomini, non di piatti. Nasce dai giovani proprietari degli 11 ristoranti a tre stelle Michelin che la Francia aveva dopo la guerra. E´ stata l´esperienza formidabile di noi giovani di allora. Poi è diventata la fortuna di cuochi e giornalisti». Sarebbe a dire? «Se n´è parlato molto e di questo sono grato ai media. Come si dice: il buon Dio è ben conosciuto, ma bisogna suonare le campane tutte le domeniche. Poi, però, per molti ristoratori che sono venuti in seguito la nouvelle cuisine è diventata espressione di una regola: poco nel piatto e molto sul conto». E la creatività? «Certo, la creatività è un fatto che ha la sua importanza, ma è ridicolo chi pretende di inventare un piatto al giorno. Poi c´è una cosa basilare: il commensale deve capire subito ciò che si appresta a mangiare. I cibi devono essere interi, apprezzabili immediatamente. E poi, parlare di novità! Io oggi preparo le ricette di Escoffier pubblicate nel 1900». Cosa pensa delle guide che classificano i ristoranti? «Per me ce n´è una sola, l´unica veramente professionale: la Guida Michelin. Sono 28 anni che io ho tre stelle sulla Michelin». E le altre guide? «Non ne conosco altre». Secondo lei quali sono pregi e difetti della cucina italiana? «La cucina italiana, mantenendo le sue tradizioni, ha saputo conquistare il mondo con prodotti economici tipo la pasta o la pizza. La Francia non è riuscita a fare lo stesso con i suoi prodotti. Ma la cucina italiana eccelle anche nelle espressioni più alte: secondo me il ristorante "Dal Pescatore" di Canneto sull´Oglio è il miglior tre stelle Michelin del mondo». Lei non cucina volentieri fuori dai suoi ristoranti. Perché ha accettato di venire qui, all´Enoteca Contratto? «Prima ho conosciuto il patron, Carlo Bocchino, poi sono venuto a vedere il posto ed ho anche visto come fanno i loro vini. Allora ho deciso di venire. Il nostro mondo è fatto anche di rapporti di simpatia e, soprattutto, di stima. Gliel´ho detto: la cucina è un fatto compliqué, très compliqué».

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