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La Stampa

L'amor di patria più dolce del Bordeaux: l'americano Parker, principe dei degustatori boicotta le manifestazioni francesi ... Vino francese al bando, non ti voglio più. Il voltaspalle, questa volta, non è di un gruppo di consumatori patriottici e nemmeno dell´ennesimo ristoratore statunitense che ha versato dentro al water le riserve di Champagne. Ad accendere la miccia del boicottaggio è nientemeno che Robert Parker junior, 55 anni, professione degustatore, direttore di una rivista di pura critica enologica denominata The Wine Advocate (40 mila abbonati in 38 paesi del mondo) che vale quanto i giudizi di Alan Greenspan sulla borsa. I giornali francesi, nei giorni scorsi, hanno dato la notizia con rammarico: Parker diserta l´annuale degustazione di Bordeaux. Era atteso in Francia per dieci giorni, alla vigilia di un altro appuntamento internazionale come il Vinitaly a Verona e avrebbe dovuto assaggiare, col solito metodo «a raffica», migliaia di vini per la Guide des vins de France. E invece ha disdetto il viaggio con fax, pubblicato dal Nice Matin: «Causa guerra, rimando la visita cedendo alle pressioni della mia famiglia». E dire che alla sua famiglia, trent´anni fa, non aveva dato ascolto quando, di fronte a una carriera di avvocato, decise di dedicarsi al vino, dopo essere stato ammaliato, insieme con la sua futura moglie che studiava a Parigi, da uno Château Lafite del '59. Fu il vino francese a conquistarlo, tanto che sui Bordeaux ha scritto 11 libri; nel 1993 Mitterand gli ha attribuito la croce di Cavaliere al merito e tre anni fa Chirac gli ha conferito la Légion d'Honneur. E´ il più potente critico di vini, tanto che nel mondo si parla ormai di un gusto «parkertizzante», riferito alla preferenza per i vini morbidi, di buon corpo, concentrati, che hanno persino condizionato i produttori di casa nostra. «Avere un 92/100 da Parker ­ dice Bruno Ceretto ­ vuol dire essere sicuri di un grande affare». Già, lo sanno bene anche in Francia, dove le sue scelte hanno creato business anche se, due anni fa Parker dichiarò che il livello medio di Barolo e Barbaresco era superiore a quello dei Pinot noir di Borgogna. «Questa decisione mi sembra assurda ­ dichiara il marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, inventore del celebre Sassicaia - Non si può boicottare il vino francese dopo anni di affari e di joint venture. Ci sono un milione di americani che lavorano in aziende di proprietà tedesca. Cosa deve accadere allora?». Secondo Bruno Ceretto, invece, ha fatto bene: «Dal suo punto di vista lo capisco, ed io avrei fatto come lui: rifiutarsi di assaggiare i vini francesi che hanno goduto dei suoi benefici». Opportunismo italiano? «Non è questo ­ dice il noto produttore di Barolo ­ c´è una crisi, quindi nessuno può trarne vantaggio, è una questione di principio». Ma il marchese Incisa insiste: «Non si devono mischiare affari e politica. Da questo boicottaggio nessuno avrà vantaggio, c´è solo una crisi generale dentro cui chi ama un Premier cru di Bordeaux, in America, non rinuncerà comunque». Sarà, ma al patriottismo americano, intanto, non s´è sottratto neppure il guru dei degustatori. Quasi a dire: la patria come il vino sono una cosa seria.

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