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La Stampa

Il vino italiano alla conquista del mondo … Conquistare nuovi mercati, far apprezzare il «made in Italy», esportare la cultura dell’enologia di qualità, individuare nuovi settori di sviluppo dell’export. Il vino italiano guarda sempre con maggiore interesse all’India. Il mercato asiatico, che se da una parte è caratterizzato da enormi problemi primari, dall’altro il Pil è attestato tra il 5,5 e il 6 per cento. Sono due gli scenari: un’alta percentuale della popolazione (complessivamente un miliardo) è praticamente priva di tutto, ma trenta milioni di persone appartengono all’alta borghesia e quindi ad una fascia economicamente privilegiata, con un reddito annuo che si stima intorno ai 40 mila euro. Le previsioni indicano in 60 milioni il numero di benestanti entro il 2007, disposti a spendere per un prodotto nuovo e di forte immagine. E’ in questa prospettiva che si colloca la nuova strategia del «made in Italy» per aggredire il mercato dell’India. «A Bombay come a New Delhi il vino - spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi e presidente dell’Union internationale des Oenologues, appena rientrato da un viaggio di lavoro in India, dove ha tenuto una serie di conferenze sull’enologia italiana - rappresenta uno status symbol e nelle maggiori città il suo consumo sta iniziando a diffondersi anche tra le classi con un reddito medio, aiutato dal fatto che la bevanda nazionale è un whisky molto allungato con acqua che, alla fine, ha una gradazione alcolica prossima a quella del vino». Il vino, infatti, non fa parte delle abitudini quotidiane del popolo indiano: è ancora appannaggio di una ristretta élite sociale. I consumi di bevande sono quasi esclusivamente whisky, rhum, brandy e birra anche perché i prezzi di questi alcolici, quando di produzione locale, sono di gran lunga inferiori a quelli del vino. «Oggi il costo di una bottiglia - precisa Martelli - varia dalle 250 alle 2500 rupide (5-50 euro). Le tasse possono superare il 300 per cento del prezzo. In alcuni stati dell’India la vendita al dettaglio del vino importato non è consentita. Può essere quindi acquistato soltanto in ristoranti e alberghi. Ecco che si deve essere pronti all’evoluzione del mercato. Formaggi, pasta e vino costituiscono la punta di diamante delle nostre esportazioni in questo paese con crescite dal ‘99 al 2002 che nella pasta hanno toccato il 130 per cento, il 950 per cento nel settore dei formaggi e il 40 per cento per i vini, bloccato da forti dazi». In effetti le vendite sono ancora alquanto limitate anche se sono passate da 600 mila bottiglie del ‘97 a due milioni nel 2002. In India ci sono già tre grandi aziende che, complessivamente, producono quasi quattro milioni di bottiglie di cui oltre il 70 per cento esportate. Questo nuovo mercato, come anche la Cina, per l’Italia rappresenta, indubbiamente, un’importante occasione anche per affrontare l’agguerrita concorrenza straniera: l’Australia in dieci anni ha raddoppiato la sua superficie vitata e oggi produce dieci milioni di ettolitri l’anno, di cui 60 per cento esportati. In Cile, in pochi anni, è passato da 4 a 7 milioni di ettolitri. Ne esporta il sessanta per cento e il trend è verso un aumento fino al 75 per cento dopo il 2005.

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