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La Stampa

Caccia ai “vigneti fantasma”: si indaga su un giro di false autorizzazioni di reimpianto che possono far saltare il tetto produttivo assegnato al nostro paese e dare il via a sanzioni europee.
L’Italia rischia una replica del caso quote latte ... Dopo la storia infinita delle multe per gli sforamenti produttivi delle quote latte per l’Italia si delinea un altro rischio: quello dei “vigneti fantasma”. E’ infatti alla stretta finale l’indagine svolta dal Comando carabinieri Politiche Agricole, dove peraltro si mantiene il più stretto riserbo, su un fenomeno che potrebbe avere ripercussioni gravissime per l’immagine della viticoltura italiana e per le eventuali sanzioni che l’Unione Europea farebbe scattare nei confronti del nostro Paese: i diritti di reimpianto di vigneti “falsi”. L’inchiesta del reparto carabinieri che opera alle dirette dipendenze del ministro Alemanno è partita dalla Puglia, coordinata dalla Procura della Repubblica di Bari, e si è allargata a machia d’olio su tutto il territorio nazionale. La realtà che sta emergendo è quella di un caso di vastissime dimensioni, basti considerare che, già da oggi, sarebbero circa 600 gli ettari di nuovi vigneti da estirpare, perché impiantati con false attestazioni, con un danno economico pari a diversi milioni di euro. La vicenda venuta alla luce è complessa. Innanzitutto va detto che in Europa vige il blocco degli impianti a vigneto: ogni Paese non può aumentare il suo potenziale produttivo rispetto a quello dichiarato a Bruxelles. Il che significa che un viticoltore per poter incrementare la sua superficie a vigneto, deve acquistare un “diritto di reimpianto”, cioè una “quota”, da un altro viticoltore che la renda disponibile estirpando un vigneto di superficie analoga. E’ naturale che, con l’attenzione sempre crescente verso il vino italiano ed il suo successo sui mercati, molti abbiano deciso di puntare su questo settore investendovi notevoli capitali. Così qualche imprenditore senza scrupoli, con più che immaginabili connivenze in altre sfere, mette a punto il meccanismo per vendere autorizzazioni di reimpianto fasulle: da un lato si dichiara falsamente, l’espianto dei propri vigneti e si percepiscono per questa cessata produzione i previsti contributi comunitari, dall’altro si cedono a caro prezzo ad acquirenti in perfetta buona fede le preziose “quote” che autorizzano l’impianto di nuove vigne, comprese nei tetti comunitari. In realtà, invece,questi nuovi impianti portano a superare il plafond fissato da Bruxelles e al rischio di incorrere in sanzioni comunitarie. “I diritti di reimpianto hanno costi diversi che, a seconda del periodo in cui sono stati acquistati e della zona , oscillano da poco meno di 5000 euro a più di 10.000 euro all’ettaro – spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi - In altri Paesi, come la Francia il mercato di questi diritti non è libero, ma gestito istituzionalmente, attraverso una banca dati, a prezzi prefissati, proprio per eliminare tentativi di speculazione e facili tentazioni devianti”. Poi Martelli prosegue: “Il caso dei “vigneti fantasma”, a me personalmente finora non noto, dimostra che queste tentazioni sono tanto forti quanto presenti e dimostra anche la validità della linea di Assoenologi, da sempre d’accordo per un settore aburocratizzato, con poche regole chiare e trasparenti che tutti devono rispettare affinchè gli onesti non debbano pagare per i disonesti”. “Bene, anzi benissimo, ha fatto il Ministro Alemanno ad ordinare questi controlli – aggiunge ancora il direttore di Assoenologi – e mi auguro che quanti venissero riconosciuti responsabili di queste violazioni siano duramente colpiti. Ci troviamo di fronte a persone senza scrupoli che con truffe e speculazioni rischiano di inquinare la credibilità che il settore ha saputo conquistarsi in tutto il mondo con anni di intenso e duro lavoro all’insegna della serietà e della qualità. Voglio ricordare – conclude Martelli – che con una proposta di non molto tempo fa Assoenologi chiedeva l’interdizione da ogni attività nel settore vitivinicolo per i responsabili di frodi o gravi illeciti, sia si trattasse di imprenditori, sia di viticoltori, funzionari o enologi. (arretrato de "La Stampa" del 15 giugno 2003)

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