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La Stampa

Vino, sotto accusa la corsa agli aumenti. Le associazioni di categoria: “Così si sfianca il mercato” - La denuncia dei produttori: una bottiglia viene venduta a cinque volte quello che si paga in cantina, ma anche di più … Il caso lo mette sul tappeto Attilio Borroni, presidente per il Piemonte della Confederazione Italiana Agricoltori, e sarà pure un caso limite, ma certamente efficace per denunciare il problema. “Un imprenditore vinicolo nostro associato - racconta Borroni - ci ha scritto di essere stato a Londra in vacanza nel periodo natalizio e di aver bevuto in un ristorante una bottiglia di Barolo di sua produzione pagandola 250 sterline mentre lui l’aveva venduta a 25 euro. Ma il fenomeno non riguarda solo i mercati esteri - prosegue Borroni - ci sono bottiglie di Barbera d’Alba partite dalla cantina a 6 euro e ritrovate sulla carta dei vini di un ristorante delle Langhe a 30 euro. E ancora: una qualsiasi bottiglia pagata 10 euro a Alba, Canale o Dogliani la si vede prezzata da 23 euro in su nelle enoteche di Torino. Insomma in poche decine di chilometri il prezzo può raddoppiare, triplicare, addirittura quintuplicare.” Così il presidente della Cia Piemonte rilancia l’allarme sul vino che arriva al consumatore a prezzi troppo alti, un fatto, in presenza di una congiuntura economica molto difficile, che si traduce in qualche scricchiolio sul mercato. “La nostra confederazione - assicura Borroni - ha chiesto ai produttori di fare il massimo sforzo per contenere i listini, ma servirebbero iniziative analoghe da parte di altre categorie, come i commercianti e i ristoratori, poi si potrebbero tentare accordi interprofessionali per contenere i ricarichi. Ancora le enoteche pubbliche, regionali o nazionali, potrebbero fungere da elementi calmieratori impostando attraverso i loro prezzi quelli di riferimento per il mercato. M l’allarme che arriva dal Piemonte è valido su tuttoi l territorio nazionale, o almeno in tutte le zone dove si fanno vini ai massimi livelli di qualità. Quei vini in cui il mito del nome è spesso consolidato dal mito delle “grandi firme” che li producono. “Solo i prodotti eccezionali possono permettersi certi aumenti di rezzo, ma oggi forse nemmeno più quelli - dice valutando il problema Ezio Rivella, presidente dell’Unione Italiana Vini - certamente deve esserci un tetto nei rincari anche per i grandi vini e se è vero che un’enoteca pubblica può dare l’esempio calmierando i listini è anche vero che questa può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Un intervento del genere - spiega Rivella - può risultare antipatico, perché a questo punto la cosa va a cascata e ognuno ha le sue esigenze di guadagno. Ma se la strada fosse quella di vendere il vino poco più che a prezzo di costo i produttori sarebbero d’accordo? Il libero mercato fa liberi prezzi ce chi opera si prende la responsabilità delle sue azioni. Oggi il mercato è in fase di stanca e la scelta per rilanciarlo potrebbe essere quella di volere guadagnare meno tutti. Invece tutti vogliono vendere caro, anche perché, parlando delle imprese vitivinicole, l’investimento in immagine spessa pesa più di quello sulla produzione”.

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