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La Stampa

Dai bianchi il rilancio dell’export: i dati di Assoenologi dicono che saranno questi vini a interrompere la flessione delle vendite. Martelli: rendere obbligatoria l’annata di etichetta ... Dopo l’estate il parlamento dovrebbe discutere la riforma della legge 164/92, quella che disciplina i vini italiani a denominazione di origine (Doc e Docg) e ad Indicazione geografica tipica (Igt). Una rivisitazione assolutamente opportuna anche perché, dopo 10 anni di continua crescita sui mercati internazionali le esportazioni del settore, nel 2003, hanno segnato il passo con un -3% in valore ed un -16% in volume. E, secondo le valutazioni di Assoenologi, la situazione non cambierà nel 2004: sulla base delle elaborazioni fatte dal centro studi dell’associazione che riunisce enologi ed enotecnici italiani l’export del nostro vino nei primi 3 mesi di quest’anno fa infatti registrare, sullo stesso periodo del 2003, una flessione quantitativa del 6%. A soffrire di più sono i Vqprd, cioè i vini Doc e Docg che calano dal 30 al 27% (mentre i vini da tavola salgono dal 70 al 75%) sul piano della quantità e dal 47 al 41% per quanto riguarda il valore. In particolare a ced4ere terreno sono i vini rossi di qualità, che nei primi mesi del 2004 hanno perso oltre il 20% in termini di valore.

La situazione e le contromisure del caso saranno al centro del congresso generale di Assoenologi, in programma a Reggio Calabria, dal 25 al 26 giugno. “Bisogna dire – commenta Giuseppe Martelli, direttore generale dell’associazione – che i dati dei primi mesi dell’anno non fanno testo più di tanto, perché risentono delle giacenze d’acquisto delle festività natalizie, ma questa non è una grande consolazione”.

Un altro punto, invece, è certo: i vini bianchi dopo anni di stasi, stanno riprendendo quota, anzi in molti casi sono gli unici a trainare il mercato. Un fatto che acquista tutta la sua importanza in un Paese come l’Italia dove il vino bianco copre oltre il 50% della produzione.
Anche per questo al congresso di Reggio Calabria Assoenologi ribadirà con forza al Ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno, la proposta di rendere obbligatoria in etichetta l’annata di produzione per tutti i vini a denominazione di origine, doverose eccezioni a parte. “Oggi – spiega il dottor Martelli – l’industria solo per i Doc e i Docg il cui disciplinare di produzione la prevede, ovvero 127 su 330. E per quanto riguarda i vini bianchi la percentuale è del 42% sul totale. Quali le cause di questo stato di cose? Certamente una è legata al fatto che se si indica in etichetta l’annata di produzione l’85% del vino contenuto in quella bottiglia deve provenire dalla vendemmia dichiarata, cosa che potrebbe limitare i “tagli” con vini di altri anni. Una giustificazione sufficiente? Per Assoenologi no, visto che stiamo parlando della fascia qualitativa più alta della nostra produzione enologica nazionale. “E’ vero che esistono vini bianchi, spesso elaborati in legno o frutto di particolari tagli che si devono dopo alcuni anni dalla produzione – conclude Giuseppe Martelli – ma, guarda caso, questi sono normalmente proprio quelli che in etichetta specificano quasi tutto. Inoltre queste tipologie rappresentano una percentuale minima del firmamento dei Vqprd bianchi italiani che, nella loro stragrande maggioranza, rimangono vini da consumare giovani nell’anno successivo a quello della produzione. E bisogna considerare che bere un Vermentino di Sardegna vecchio di due anni è più o un Prosecco ossidato non fa certamente bene all’immagine del vino italiano, né a quella del produttore, a cui spesso vengono attribuite colpe che non ha”. (arretrato de "La Stampa" del 20 giugno 2004)

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