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La Stampa

Atlante dell’alimentazione e della gastronomia (Utet) a cura di Capatti, Montanari, Saban. Il cibo diventa un atlante che è poi la storia dell’uomo ... Provate a mettere assieme un trio d’attacco con Totti, Ronaldo e Shevchenko, ed è certo che i goals pioveranno a grappoli. Questo è un poco il ragionamento che dovrebbero aver fatto alla Utet mettendo sotto contratto il trio Capatti, Montanari, Saban, per dirigere e redigere un Atlante dell’alimentazione e della gastronomia. Il risultato, va da sé, è un’opera unica, di alta caratura scientifica dato l’alto grado di scientificità dei curatori: due grandi volumi in 8° di 900 pagine complessive, tematicamente diviso in «Risorse, scambi, consumi» (il primo tomo), «Cucine, pasti, convivialità» (il secondo). Ciò significa aver disegnato una mappa completa del fenomeno sia dal punto di vista alimentare che gastronomico (la necessità e la sua elaborazione), nella sua evoluzione storica e nella sua realtà presente. Che non è un arrivo, lo abbiamo imparato, ma l’ultimo segmento di un percorso in fieri. E’ quel che suggerisce il primo sottotitolo con i suoi argomenti che, in misura e in modo palesi, riproduce gli stessi movimenti e le stesse modificazioni che hanno accompagnato l’uomo, l’homo sapiens sapiens, negli ultimi millenni della sua crescita e del suo progresso civile. Ci sono sì gli elementi base (risorse, materiali, tecnologie), individuati, sui quali però si inventano le novità, dovute soprattutto agli scambi, agli innesti e agli ibridi eventuali e conseguenti in una cultura, quella umana appunto, che si sviluppa e progredisce per incroci: l’uomo è in sostanza un meticcio e meticcio è il suo cibo. O quanto meno nomade. Ne deriva che la storia dell’uomo, come quella delle sue risorse alimentari, procede in sincronia, di pari passo, tant’è che l’antropologo può documentare la storia dell’uomo con quella dell’altra e viceversa, assieme al paesaggio che ne è la spia più visibile. Quest’opera, credo unica al mondo, è complessa quanto sono complesse e intricate le vicende umane, perché molti sono i coefficienti che contribuiscono alla somma, o sintesi, finale, il noi oggi, che ci sembra, distratti e ignoranti come siamo, naturale, ovvia ed eterna. Eppure ciascuno di noi, nella sua esperienza, potrebbe facilmente verificare il contrario. Non parlo del riso o della pasta, risorsa e manufatto, frutto di uno scambio millenario assorbito al punto di essere diventato un «tipico», ma penso al caffè in Brasile, al vino in Sudafrica, ai kiwi neozelandesi, di cui l’Italia è diventata il maggior produttore al mondo in appena un paio di decenni. Tutto ciò è sotto i nostri occhi, mentre noi, malati di un idealismo metodologico sublime e sublimante, l’abbiamo rifiutato perché attiene alla materia, al corpo, una degradazione dello spirito e dell’anima. Nonostante che lì si nutra l’economia, della quale si ha il massimo rispetto e riverenza. L’Atlante segue la storia lungo due direttrici principali, la cronologia e la dislocazione geografica. Una sinossi che coglie, nel tempo, lo stato e le novità sia delle risorse che degli scambi e dei consumi in ogni parte del globo. Ci viene mostrato quanto accade nel bacino del Mediterraneo e in Europa, e contemporaneamente quel che accade in un altrove lontano, in Oriente innanzitutto e, dopo il 1500, nell’Occidente americano e in Africa (mi basterebbe un solo caso di intervento radicale benché, si direbbe, dimenticato negli effetti: il «caso» filossera e gli innesti di viti americane; per non dire del «ritorno» delle patate in Nordamerica o degli altri accidenti di cui poco sappiamo davvero perché cinesi). Di tutti però ci informa l’Atlante. Anzi, l’idea di «atlante» a questo risponde, ad avere sempre sotto gli occhi la mappa del mondo, con le sue «particolari» persone, le loro culture e le abitudini che chiamiamo tradizione. In un simile contesto la tradizione è proprio il primo concetto a entrare in crisi assieme a quello, polisemico, di genuinità, non appena dall’economia passiamo alla manipolazione gastronomica dei cibi, sottoposti all’intervento dell’immaginazione dei cuochi, che non badano più di tanto alla filologia né ai confini parametrali del gusto inteso come abitudine alimentare. Leggi alla voce «pizza» o «pesce crudo alla giapponese». Scambi e ibridi non conoscono confini, mentre a volte è la storia stessa (vedi l’America incostituzionalmente multietnica dopo il genocidio degli indigeni) ad averli aboliti. Questi scambi oggi hanno subito un’accelerazione che rischia di modificare in profondità il prossimo atlante, un’accelerazione pari alla velocità delle comunicazioni e dei possibili scambi. L’aeroporto è diventato l’autentico terroir. Senza contare le migrazioni temporanee oltre le definitive, che ci spostano da un continente all’altro e dalle quali si ritorno un poco diversi, portando sempre qualcosa di nuovo con sé, non foss’altro nella memoria. Tutto questo accumulo di cose viene convogliato verso i luoghi della ritualità, dove la necessità si nutre anche di simboli, con «altri» e ulteriori scambi, di linguaggio questa volta e di lingua. E nel complesso si inserisce un elemento dirimente e decisivo, nel senso che decide, il «piacere». Senza il quale nulla si capisce. Si tratta di un sentimento, o di un senso, che risponde a una sua divinità, Proteo, tale è il suo carattere preso in una continua trasformazione, sottoposto a sollecitazioni che vengono dall’esterno, sotto forma di curiosità o di esperimento o di mode, ma persino da tragiche contingenze come le guerre (io, per esempio, mangio pane incruscato dal 1940). Infine la tavola, che non è solo quella domestica ma pure quella della ristorazione. Accanto alla quale si devono considerare altri locali, caffè o birrerie o osterie, luoghi ove spesso e inconsciamente si è «fatta» la storia dell’uomo, cioè i luoghi della convivialità e dell’incontro. Bellissimo, dunque, questo Atlante, corredato di immagini che rendono in qualche modo più concreto il discorso, quasi tangibile. Sono immagini (almeno una per pagina) assai preziose e di gran gusto. Specialisti di tutti i paesi hanno contribuito a redigere i vari capitoli dei due volumi. Ma, lo ripeto, Capatti Montanari Saban sono stati un trio d’attacco degno di un Totti Ronaldo Shevchenko.

Atlante dell’alimentazione e della gastronomia. A cura di Capatti, Montanari, Saban. Editore Utet, 2 volumi, pagine 914.

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