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La Stampa

E il robot è diventato anche sommelier ... Il mondo del vino è attraversato con periodicità da notizie di sviluppo della ricerca enologica e da fughe in avanti verso esasperazioni tecnologiche. Quella che arriva dell’università americana di Pittsburgh è una di queste: un gruppo di ricercatori sta mettendo a punto al computer un modello a punto al computer un modello matematico per identificare i tratti caratteristici di un vino.

Il professor Lorenz Biegler, rubicondo docente che insegna Ingegneria chimica alla Carnegie Mellon University, sta studiando le formule del processo di fermentazione in varie condizioni ambientali. In particolare concentra l’attenzione sui lieviti, microrganismi che sviluppano la fermentazione e trasformano gli zuccheri, naturalmente presenti nell’uva, in alcol.

La ricerca della “formula ideale del vino” si sviluppa d’intesa con un altro gruppo di scienziati a Santiago del Cile, dove si tentano di isolare con microscopica precisione tutte le componenti chimiche che producono sapori e fragranze diverse. Per ora le ricerche sarebbero concentrate sui bianchi, poi passeranno ai rossi, più complessi e articolati.

Non è casuale che questo approccio scientifico verso il vino venga da Paesi di cultura enologica così diverse da quella europea. Negli Stati Uniti, il concetto di territorio inteso come origine di un vino e come sua “radice culturale” è piuttosto blando: prevale il vitigno (Cabernet su tutti). Anche in denominazione è difesa solo se “marchio di fabbrica” (trade mark), non in quanto espressione di quello che i francesi definiscono il “terroir”.

Proprio i francesi hanno trovato in Cile, un Paese emergente nel panorama enologico mondiale, un mercato fertile per vendere sistemi di affinamento che in Italia fanno rabbrividire gli enoappassionati.

Al recente Vinitech di Santiago (fiera collegata con quella internazionale di Bordeaux) c’erano decine di stand con i “chips”). Sono cubetti, listarelle, perfino polveri di legno dai diversi colori che ribaltano il concetto delle barriques. Non il vino nella botte, ma il legno dentro il vino. L’affinamento avviene più nelle botticelle, molto costose e da cambiare ogni due o tre anni: basta mettere i chips nelle vasche in acciaio. A seconda dei tempi d’immersione e de grado di tostatura, cambiano i sentori, poi si filtra il tutto e il gioco è fatto. Inquietante.

E in Italia? La ricerca enologica è piuttosto vivace e non solo collegata alle università. L’esempio più recente arriva dall’apertura di “Enosis Meraviglia”, grande cascina laboratorio inaugurata in luglio sulle colline di Cuccaro, nel Monferrato. Un gruppo di ricercatori, guidato da Donato Lanati, analizza e studia vini di tutto il mondo, partendo però “sempre dalla caratteristiche ampelografiche delle vigne, che sono il vero laboratorio vivente”. “Qui rispettiamo la natura e le sue leggi”.

All’ingresso accoglie i visitatori Genesis, un vero robot realizzato dall’alessandrina Gimar Tecno: si presenta come un maggiordomo di cantina de è in grado di monitorare diversi sistemi di microvinificazioni, mettendone a confronto i risultati analitici. Ma l’ultima parola tocca poi, per fortuna, al palato e al naso dell’uomo.

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