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La Stampa

Export il gusto cambia e a Bordeaux 1,5 milioni di ettolitri di invenduto mettono in crisi decine di aziende, mentre molte altre chiudono. La Francia del vino si arrende all’Italia Vigneron battuti in Usa, ma anche sul mercato d’Oltralpe i nostri prodotti avanzano ... Dalle cantine di Bordeaux ai vigneti di Borgogna le facce sono scure: le cose nella Francia del vino non vanno proprio benissimo, ma, fin lì, gli alti e bassi fanno parte del gioco di mercato. Quello che invece i vigneron non riescono a mandare giù è il fatto di dover dover cedere terreno, non solo sull’ambitissimo mercato Usa, ma addirittura in casa propria, ai produttori italiani. A spiegare fatti e numeri è l’ultima elaborazione sui dati completi dell’export 2005, curata personalmente dal presidente dell'Union internationale des oenologues, Giuseppe Martelli: l’anno scorso gli Stati Uniti hanno importato dall'Italia vini per 1 miliardo e 90 milioni di dollari di vini, con un incremento di oltre l'11% sul 2004 e un trend di crescita altissimo rispetto alla Francia, il cui export negli Usa è salito del 2,5%. Questo parlando di valore, ma anche il confronto sulla quantità non fa che confermare il distacco: i vini italiani, infatti, hanno fatto registrare un'impennata di oltre il 9%, mentre quelli francesi sono addirittura indietreggiati dello 0,2%. Il calice più amaro - è il caso di dirlo - che i nostri concorrenti d’Oltralpe hanno dovuto bere è stato però quello di dover constatare come i vini italiani abbiano fatto breccia nei gusti dei francesi, visto che nel 2005 le nostre esportazioni di vino sul mercato «domestico» dei vigneron sono aumentate di quasi il 4% in valore e del 3,5% in volume.
«Questo significa - commenta Martelli - che la qualità dei prodotti del vigneto-Italia e le capacità commerciali dei nostri imprenditori stanno conquistando spazi fino a pochi anni fa impensabili». Una storia che, comunque, non comincia oggi, infatti gli ultimi cinque anni per le nostre principali aziende sono stati un susseguirsi di primati di tutta considerazione: nel 2001, ad esempio, per la prima volta nella storia delle vendite all'estero, il vino italiano imbottigliato ha superato quello sfuso e nel 2002 c'è stato il sorpasso, in quantità, dell'Italia sulla Francia per quanto riguarda le vendite negli Stati Uniti.
Per poi proseguire con il 2003 quando il settore vitivinicolo è diventato la voce più importante della bilancia agroalimentare italiana, poichè su ogni 100 euro di valore esportati dalle nostre aziende del «wine and food» ben 20 sono appannaggio dei prodotti che arrivano dai vigneti.
Sorpassi e record che i dati forniti dall'Union internationale des oenologues segnalano come sempre e costantemente più marcati. Le reazioni dei francesi sono quelle descritte da Paolo Conte nella sua canzone dedicata a Bartali, ma incazzature e giramenti, seppur comprensibili, hanno spazio solo sino ad un certo punto. Forse il problema è un altro, visto che, nelle cantine del Bordeaux, pare ci sia oltre un milione e mezzo di ettolitri che non trovano clienti, mentre diverse decine di aziende boccheggiano e molte altre hanno già alzato bandiera bianca portando i libri in Tribunale. In Francia possono parzialmente consolarsi con la logica del «mal comune» guardando all’Australia, uno tra i più aggressivi Paesi della nuova vitivinicoltura mondiale: anche i produttori «down-under» hanno visto sul mercato a stelle e strisce una crescita molto inferiore a quella italiana, visto che non sono andati oltre il 3,5% in valore e del 4,5 in quantità.
Ma alla fine, pure questa è una realtà amara per l’aristocratica enologia francese, che, almeno nei numeri, si vede superata da quella australiana nelle preferenze dei consumatori Usa. «Una cosa è certa - assicura il presidente dell'Union internationale des oenologues - fino a ieri era il produttore che indirizzava le scelte, oggi, e sempre di più, è il consumatore che determina il successo o l'insuccesso di un prodotto sulla base del rapporto qualità-prezzo, per i vini di fascia media, e qualitàprezzo- immagine per quelli di alto livello». E i consumatori, su entrambe le fasce, premiano l’Italia.

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