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La Stampa

Frodi all’Unione Europea. I Carabinieri del Nac eseguono 14 ordini di custodia cautelare. Blitz contro i «vigneti fantasma» maxitruffa da 4,5milioni di euro ... Quote di carta e soldi veri. Vigneti fantasma e abili truffatori. La versione agricola del celebre film «La Stangata» va in scena tra i vigneti delle province di Bari, Siena, Grosseto, Venezia e Asti. I registi dell’operazione non sono Robert Redford o Paul Newman: alla sbarra tre dirigenti e funzionari pubblici e di organizzazioni di categoria, oltre ad 11 persone specializzate nella rivendita dei diritti di reimpianto per uva da vino. Inutile dirlo: si tratta di una vendita realizzata all’insaputa dei veri proprietari. Nel film di George Roy Hill i truffatori scappano con il bottino.
L’operazione «vigne nuove» condotta dai carabinieri del Nac, il nucleo antifrodi dell’Arma, invece, ha portato allo smantellamento dell’organizzazione. I militari guidati del tenente Nicola Di Noia hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare e accertato una truffa di 4 milioni e mezzo di euro a cui si dovranno aggiungere i danni materiali delle aziende che hanno comprato le «quote di carta» che probabilmente saranno costrette ad estirpare circa 600 ettari di vigneti abusivi.
La storia dei «vigneti fantasma » finisce sulla scrivania del tenente Nicola Di Noia nel giugno del 2003, o meglio solo in quel periodo inizia a trapelare la notizia che è in corso una complessa indagine svolta dal Comando carabinieri Politiche Agricole coordinata dalla Procura della Repubblica di Bari.
L’inchiesta, dunque, nasce in Puglia ma progressivamente si allarga a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale e porterà all’accertamento dei reati di truffa a danno di privati, di truffa aggravata, di peculato e falso. Il sistema delle «quote di carta » realizzate anche attraverso la falsificazione di documentazione amministrativa nasce dal blocco degli impianti a vigneto imposto dall’Unione Europea: ogni paese dell’Ue non può aumentare il suo potenziale produttivo rispetto a quello dichiarato a Bruxelles.
Tradotto dal burocratese significa che un viticoltore per poter incrementare la sua superficie a vigneto, deve acquistare un «diritto di reimpianto», cioè una «quota», da un altro viticoltore che la renda disponibile estirpando unvigneto di superficie analoga. E’ naturale che, con l’attenzione sempre crescente verso il vino italiano ed il suo successo sui mercati, molti abbiano deciso di puntare su questo settore investendovi notevoli capitali. I diritti di reimpianto hanno costi diversi che, a seconda del periodo in cui sono stati acquistati e della zona, oscillano da poco meno di 5000 euro a più di 10.000 euro all’ettaro.
Insomma, un buon business che ha fatto entrare in scena i registi de «La Stangata» versione agricola che inventano unmeccanismo per vendere autorizzazioni di reimpianto fasulle. Funziona così: da un lato si dichiara, falsamente, l’espianto dei propri vigneti e si percepiscono per questa cessata produzione i previsti contributi comunitari; dall’altro si cedono a caro prezzo ad acquirenti in perfetta buona fede le preziose «quote» che autorizzano l’impianto di nuove vigne, comprese nei tetti comunitari. In realtà, invece, questi nuovi impianti portano a superare il plafond fissato da Bruxelles e al rischio di incorrere in sanzioni comunitarie.

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