02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Stampa

Ecco MiWine la Piazza Affari delle cantine. Vigneto globale a Milano. Una rassegna «business to business» per sostenere l'export. Il settore lotta contro i vincoli che ne frenano l'internazionalizzazione. L’Ice: su 800.000 aziende vitivinicole solo 7.500 riescono a vendere all’estero ... Eccoli i grandi sfidanti: nel loro stand i produttori australiani comunicano pragmatismo e indifferenza per le critiche di disinvolta aggressività che arrivano dal «vecchio mondo» del vino. «Noi lavoriamo guardando al mercato - dicono - ma chi pensa che la viticoltura del nostro paese esprima solo grandi numeri sbaglia. Abbiamo tante piccole aziende, nate dalla passione di chi crede nel vino, e l’attenzione del nostro Governo è promuoverle all’estero, dopo un’attenta valutazione per capire se abbiano o meno le caratteristiche giuste per meritare questa chanche sul mercato internazionale». Un programma chiaro con cui bisognerà far bene i conti. Ed è proprio quello che si propongono gli organizzatori di MiWine, la rassegna «business to business» che ha visto la sua seconda edizione nei nuovi quartieri della Fiera di Milano.
Il panorama descritto per l’occasione dall’Ice indica che su 800.000 aziende vitivinicole italiane solo circa 7500 esportano. In considerazione di questo dato, e del fatto che la produzione nazionale di vino è mediamente pari a 51 milioni di ettolitri l’anno, con il 33% destinato all'export, appare assolutamente probabile che le vendite all’estero coinvolgano solo le aziende più grandi. I dati del 2005 hanno comunque confermato che l’Italia si attesta come primo paese esportatore del mondo, con oltre 15 milioni e mezzo di ettolitri contro i circa 14 milioni del 2004 (+ 10%), con cui era a pari merito con la Francia. Ma la crescita in valore è stata più contenuta con un +3,57% per circa 3 miliardi di euro. E poi i numeri di inizio 2006 hanno dato segnali altalenanti, anche se i valori sono rimasti positivi.
«Il settore necessita di spinte all'esportazione, soprattutto se le aziende produttrici sono di media o piccola dimensione - valuta Ezio Rivella, Presidente della Società italiana fiere agroalimentari -. Queste aziende, che in Italia rappresentano la maggior parte dei produttori di settore non sono in grado, da sole, di acquisire il know how e di investire le risorse necessarie alla ricerca di canali distributivi che siano all'altezza del proprio prodotto. Questa mancanza rischia, alla lunga, di penalizzare prodotti di ottima qualità, ma magari lontani dai grandi centri distributivi e dai mercati più interessanti. Penso alle piccole aziende vitivinicole del Nord, ma anche a quelle del Sud o delle isole.
La logica di MiWine rappresenta una grande occasione, soprattutto per queste piccole e preziose realtà produttive». Il primo passo è stato siglare un accordo con l'associazione «Progetto Vino», che riunisce 54 produttori di punta italiani, con l'obiettivo di studiare il comparto vitivinicolo e dare indicazioni e soluzioni utili al suo sviluppo e alla sua internazionalizzazione, un operazione che si varrà del supporto scientifico dell'Osservatorio marketing del vino di Sda Bocconi. Nei tre giorni della rassegna, conclusa il 14 giugno, le presenze di visitatori sono state 35.000, il 20% delle quali dall’estero.
«Nella competizione globale l’impresa non può reggere se non ha un’alta professionalità - dice Giacomo Rallo, patron di Donnafugata - così come il vino deve essere un prodotto “diretto”, basato sul miglior rapporto qualità-prezzo. Il territorio con le sue caratteristiche ha un grande importanza, ma deve essere inteso come valore addizionale, non come moltiplicatore. Nelle recenti oscillazioni del mercato quelle che hanno sofferto meno sono state le imprese più organizzate e più stimate dai consumatori. A reggere peggio, invece, sono state quelle improvvisate, magari frutto di una voglia di diversificare gli investimenti da altri settori».
Internazionalizzare necesse est. Un’evidenza sottolineata da Francesco Bonaccorsi, direttore della società di distribuzione Riboc: «Quello che serve è maggior impegno per attirare i grandi buyers esteri in queste occasioni, coinvolgendo le maggiori aziende mondiali: non si può pensare che un operatore giapponese o russo si muova per rivolgersi solo ad una fetta di mercato, quello che vuole è incontrare tutto il mondo del vino». (arretrato de La Stampa del 18 giugno 2006)
Autore: Vanni Cornero

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su