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La Stampa

Vino e ortofrutta. Patto di ferro tra Italia e Francia ... Il ministro De Castro: “La riforma di Bruxelles non ci piace, è sbagliata e per questo va riscritta”... La prova più evidente che suggella il nuovo asse italo-francese all’interno della politica agricola dell’Ue è l’invito che Dominique Bouffereau ha rivolto a Paolo De Castro per inaugurare insieme la Fiera dell’Agricoltura d’oltralpe. Sembra passato un secolo da quando Roma per rompere l’asse franco-tedesco che dominava la Politica agricola comune si alleò con la Gran Bretagna e la Danimarca. Un gesto di cortesia che diventa un messaggio politico per le altre capitali alla vigilia dell’apertura delle discussioni sulla riforma del mercato comune. “Francia e Italia - spiega il ministro De Castro - hanno deciso di far fronte comune e di cercare alleanze con altri paesi, Spagna e Portogallo in primis, per la difesa dei prodotti mediterranei”. Un “patto di ferro” che dovrebbe permettere di stabilire una posizione comune anche nelle trattative per la riforma dell’ortofrutta e, soprattutto, in vista dell’allargamento a 27 dell’Unione Europea.
Ministro perché questo cambio di strategia?
“Noi stiamo cercando di stringere alleanze sui contenuti e non intese tattiche. E’ evidente che le riforme programmate e l’ingresso nell’Ue di Romania e Bulgaria, paesi fortemente agricoli, modificano in profondità gli scenari della politica agricola comune e impongono un fronte comune tra i principali produttori di prodotti mediterranei”.
Quali sono le basi del “patto di ferro” con Parigi?
“Partiamo dal vino. C’è un interesse comune al fatto che la riforma contenga un rafforzamento della competitività, cioè misure che permettano ai nostri produttori di resistere alla concorrenza internazionale. Siamo contrari ad un’ipotesi che prevede l’estirpazione di vigneti e autorizza la trasformazione in vino di mosto proveniente da paesi terzi. In sintesi: la proposta non ci piace, è sbagliata e va riscritta”.
Ministro va bene l’asse con Parigi, va bene l’appoggio di Madrid ma come farete a convincere gli altri paesi?
“Noi crediamo che per difendere i prodotti europei dalla concorrenza non serva una politica remissiva ma di attacco. Nel settore del vino è necessario difenderci da Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. Alla concorrenza sempre più agguerrita non si risponde con una logica di smantellamento ma con una riforma che rafforzi realmente la produzione vinicola europea e premi la qualità”.
Tutto chiaro. Ma le alleanze?
“Noi speriamo di trovare il sostegno del Portogallo ma credo che ci siano le condizioni per convincere anche i paesi Nordeuropei che appaiono scarsamente interessati alla vicenda e che, come sempre accade in questi casi, appoggiano la proposta della Commissione”.
Più facile a dirsi che a farsi.
“No, basta che da parte di Bruxelles ci sia la volontà di andare avanti nella giusta direzione. Lo dico per il vino ma, anche, per la partita legata al Wto. Dobbiamo guardare oltre al negoziato perché il blocco non nasce dai paesi del G8. Tutta la partita è in mano a Brasile, India e Cina. Ad ottobre sarò a Washington per cercare di trovare un’intesa con gli Usa”.
Torniamo al vino. C’è una linea del Piave per l’Italia?
“Sintetizzo: no alla trasformazione dei mosti che arrivano da paesi terzi. Eliminare lo zuccheraggio per alzare la gradazione alcolica e le pratiche enologiche che creano concorrenza sleale premiando invece la qualità. No a riduzioni d budget e più promozione del settore”.
Linea intransigente anche per l’ortofrutta?
“Noi accettiamo l’idea del disaccoppiamento degli aiuti ma puntiamo ad un’applicazione graduale nel tempo che permetta di ammortizzare gli effetti. E’ necessario, poi, rendere più forti gli strumenti d’organizzazione del mercato”.
(arretrato de La Stampa del 17 settembre 2006) 

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