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La Stampa

La vendemmia è femmina ... La figlia di Mascarello: “Mi ha lasciato in eredità il rigore della tradizione ma anche il gusto di stare in silenzio fra i vigneti”... Paul Wagner, firma di punta di “Wine Spectator, il mensile guida dei gourmet d’Oltreoceano, è stato categorico: “in America il mercato del vino si sta femminilizzando. I consumi crescono grazie alle donne, sono loro ad acquistare l’ottanta per cento delle bottiglie vendute negli Usa, ma attenti a non annoiarle con troppi riferimenti enologici e tecnici. Il vino è emozione e racconto.
A volte basta un’etichetta. “La mia barbera d’Asti più apprezzata nel mondo è quella della Vespa: si vedono tre bimbe, io e le mie cugine, a bordo di uno scooter Anni Cinquanta” spiega Mariuccia Borio, che in questi giorni sta vendemmiando a Costigliole d’Asti. E’ la presidente dell’Associazione piemontese “Donne del vino”. Dunque, non è solo l’America ad essersi accorta dell’“altra metà della vigna”. In Italia il fenomeno è in crescita esponenziale. Sono migliaia le giovani che lavorano nel settore, nelle facoltà di viticoltura ed enologia la presenza di studentesse è decuplicata.
“Una volta noi donne che ci occupavamo di vino eravamo un’eccezione, oggi rivendichiamo un ruolo paritario, ma niente quote rosa per carità, teniamo per noi fantasia e creatività” dice dalla Franciacorta Pia Berlucchi che presiede il movimento nazionale delle Donne del vino: 850 iscritte.
Dalla Toscana le fa eco Donatella Cinelli Colombini, che ha inventato il Movimento turismo del vino. La sua azienda a Montalcino, patria del Brunello, non per nulla si chiama “Casato Prime Donne”. La Cinelli Colombini da “vignaiola” è diventata anche assessore al turismo del Comune di Siena e ha lasciato le redini dell’azienda alla figlia Violante. Non è l’unico caso di passaggio di attività enologica alle figlie. In Umbria la storica Lungarotti di Torgiano è ora nelle mani di Chiara. Stesso nome in Piemonte, ma il cognome è Soldati (pronipote dello scrittore Mario) e Chiara conduce l’azienda “La Scolca” a Gavi. Anche il marchese fiorentino Antinori ha dato da tempo spazio alle tre figlie e in Sardegna parla sempre più al femminile la storica azienda Argiolas.
“Hanno un marcia in più - ammette Bruno Ceretto da Alba, nome storico del Barolo, che con il fratello Marcello ha ritagliato uno spazio importante alle rispettive figlie Roberta e Lisa - Noi già vent’anni fa con il bianco Blangé ottenuto da uve Arneis avevamo capito che il vino stava diventando una questione anche femminile”.
E c’è chi a poche distanza si ritrova a sostenere un’eredità impegnativa: Maria Teresa Mascarello,una laurea nel cassetto, figlia di Bartolo, il patriarca del Barolo scomparso nel 2005: “Mio padre mi ha lasciato il rigore della tradizione da mantenere, ma anche il gusto di starmene in silenzio tra i filari ad ascoltare la vigna”.
Discorso parallelo nel Roero, a Canale, dove lavora Ornella Costa, vedova di Matteo Coreggia, giovane leader dei vignaioli della zona, scomparso per un incidente nel 2001.
“Ho vissuto questi cinque anni quasi in apnea. Quest’anno mio figlio Gianni si è iscritto alla scuola enologica. Poi forse toccherà a Brigitta che ha solo 12 anni. Adesso sto facendo le prove per decidere quando raccogliere barbere e nebbioli. Tutto dipende dalle mie decisioni, ma non ho più timori, mi sento più sicura. E’la mia vita e non la cambio”. L’ha pensata così tanti anni fa anche Anna Bologna che ha proseguito con successo a Rocchetta Tanaro l’opera di Giacomo Bologna, il più vulcanico testimonial della barbera.

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