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La Stampa

Nascono i Tre Bicchieri dedicati a chi sceglie la viticoltura sostenibile ... Tra pochi giorni, in quel grande contenitore di emozioni che sarà il Salone del Gusto di Torino, si vivrà un appuntamento carico di significato per il mondo enologico: la presentazione della ventesima edizione della guida Vini d’Italia. Vent’anni sono molti nella parabola personale e affettiva di una persona, e sono ancora di più, a ben pensarci, in un percorso professionale che ha visto affiancarsi - a volte avvicendarsi - innumerevoli compagni di viaggio, andando a incidere profondamente sulla cultura e sulle abitudini di tantissimi consumatori e appassionati. Ricordo con nostalgia il 1987 degli esordi. Il mondo del vino era radicalmente diverso da oggi, era un mondo popolato da un’umanità semplice, lontano da clamori e complicazioni spesso inutili o forzate, direi un mondo essenziale, diretta emanazione di un immenso vigneto nazionale ancora lungi dall’ammettere le proprie potenzialità straordinarie.
Certo, non erano necessariamente tempi facili, né mancavano i furbi e gli speculatori, emersi agli onori della cronaca nera, ahimè, in seguito allo scandalo del metanolo, giusto nel 1986. In quel momento storico preciso si colloca la nascita di Vini d’Italia: una sfida affrontata fin da subito in due, noi di Slow Food e il Gambero Rosso di Stefano Bonilli. Le strade e il tempo hanno portato queste due entità a scelte ed elaborazioni concettuali anche differenti, ma il sodalizio rispetto a Vini d’Italia ha retto alla prova degli anni, garantendo continuità di risultati e apprezzamento alla nostra guida. Vini d’Italia ha attraversato i gusti e le mode, influenzandoli e talora scardinandoli: gli assaggi alla cieca, il lavoro in commissioni, l’attribuzione dei “bicchieri” portò una vera e propria rivoluzione nell’ambiente. E poi quell’idea, che ancora oggi a mio parere rende peculiare la pubblicazione, di raccontare il vino attraverso i suoi uomini, le sue figure fiere e carismatiche, i suoi territori e le sue storie.
Con gli anni Vini d’Italia è cresciuta, assecondando la generale crescita enologica di tutte le regioni italiane: ho partecipato con curiosità all’eterno duello al vertice tra l’austerità contadina del Piemonte e l’illuminata nobiltà della Toscana, assistito al salto di qualità di Veneto e Friuli, ho tifato con gioia per l’impetuoso avanzamento del Sud, dal fenomeno siciliano alle ambizioni recenti di Abruzzo, Campania e Puglia. E mentre la guida cresceva, mentre i Tre Bicchieri diventavano oggetto di culto e la traduzione del volume in tedesco e inglese faceva conoscere i vini italiani - e i nostri movimenti, aggiungerei - all’estero, cambiava progressivamente il nostro modo di intendere il vino, sempre meno bevanda fine a se stessa (come alimento oppure oggetto di piacere), sempre più prodotto in dialogo diretto con l’ambiente, la storia e la cultura della comunità che lo produce. Siamo arrivati così ai giorni nostri: l’edizione 2007, in particolare con la novità del premio speciale alla viticoltura sostenibile, introduce per la prima volta in modo ufficiale le nuove istanze, delineando un cammino futuro che credo francamente irreversibile.
Quante cose avrei ancora da dire! Quanti volti e nomi, soprattutto: tra i miei “ragazzi” mi viene in mente subito Gigi Piumatti, da sempre al mio fianco in questa avventura e oggi validissimo curatore insieme a Daniele Cernilli. E poi produttori, tantissimi e in grado a volte, con le loro intuizioni, di segnare un’epoca: uno per tutti, Aldo Conterno. Con un suo Barolo ‘39 brindammo nell’‘86 alla nascita di Arci Gola, nel 2006 con un altro suo Barolo, il Gran Bussia ‘89, giudicato senza esitazioni il migliore di migliaia di degustazioni fatte per la guida in tanti anni, brindiamo al ventesimo compleanno di Vini d’italia e di Slow Food. Tra gli enologi, alcuni capaci di vedere un’anima dietro ogni bottiglia, su tutti svetta Giacomo Tachis. Tra i tanti amici e compagni che restano, qualcuno ci ha lasciato: simbolicamente, e a volerli ricordare tutti con affetto, cito Bartolo Mascarello ed Edoardo Valentini, vignaioli e uomini, l’uno piemontese, l’altro abruzzese, capaci come pochi di farci sentire tutti figli della stessa terra. Sabato 28 ottobre faremo festa insieme a Torino. Per loro, per noi, e per gli amanti tutti di questi inimitabili tesori.
(arretrato de La Stampa dell'8 Ottobre 2006) 

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