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La Stampa

Occhi stranieri su Fontanafredda ... Ma restano in corsa Campari e Gruppo italiano vini. Il Montepaschi pronto a nominare gli advisor per cedere le attività vinicole... Fontanafredda è un luogo di leggende e non potrebbe essere diversamente per una tenuta che ha le sue origini in un dono d’amore di Vittorio Emanuele II alla moglie morganatica, Rosa Vercellana, contessa di Mirafiori, più nota come “Bela Rosin”. Dal 1931 la tenuta di Fontanafredda fa parte della “Mps Tenimenti Spa”, che riunisce le attività agricole della banca senese. Attività che il Monte dei Paschi è intenzionato a dismettere, in parte sulla scorta delle indicazioni di Bankitalia agli istituti di credito, in parte per una concentrazione sul “core business” finanziario.
Con Fontanafredda, dunque, sono destinate ad andare sui mercato le altre due aziende vitivinicole, queste nel Chianti: Poggio Bonelli e Villa Chigi Saracini, in tutto circa 950 ettari di vigneto. Poi c’è la Tenuta Marinella, in maremma, dove si produce latte (ma recentemente è stata scorporata per essere classificata nell’area degli investimenti immobiliari turistici). Di questa strategia di dismissione Fontanafredda, celebre marchio del Barolo, è la punta dell’iceberg ed anche la fetta più ricca, tanto che da sola fattura circa 34 milioni di euro sui 40 complessivi realizzati annualmente dalle tre cantine del Montepaschi. Nel settore vitivinicolo-finanziario gli osservatori danno tra i più probabili candidati all’acquisto la Campari e il Gruppo italiano vini, mentre il prezzo base per la cessione è indicato attorno ai 120 milioni di euro. “La verità è che la banca sta facendo una valutazione sul valore dell’azienda, a fine anno nominerà gli advisor e nel 2007 potrebbe metterla sul mercato”, precisa Roberto Vivarelli, amministratore delegato di Mps Tenimenti Spa. “La valutazione verrà fatta sulle prospettive che derivano dal bilancio 2006 - prosegue Vivarelli - e di li si deciderà per il futuro.
Al momento, comunque non ci sono trattative aperte con nessuno, Campari e Giv sono due gruppi che per dimensioni e logiche di crescita potrebbero pensare ad un acquisto, ma non c’è nulla di detto, ne tantomeno scritto. Comunque queste voci di vendita sono cicliche, una quindicina di anni fa, pareva cosa fatta con un gruppo giapponese. Invece tutto è rimasto come prima”. Oggi, però tra i candidati gli stranieri potrebbero spuntare numerosi, visto l’appeal storico-culturale del nome Fontanafredda. “Queste caratteristiche della tenuta rendono ancora più ardua una valutazione - spiega l’amministratore delegato - naturalmente la banca le tiene ben presente. Tutto quello che, a titolo personale, posso comunque dire è che spero per Fontanafredda un futuro in mani italiane”.
Valutazioni altrettanto caute quelle di Emilio Pedron, ad del Gruppo italiano vini, che con un fatturato di 262 milioni di euro di fatturato (previsto in crescita) è la maggior realtà nazionale del settore. “Il nostro interesse per Fontanafredda è esplorativo - dice - è un’azienda con un valore patrimoniale molto alto e un nome prestigioso. Ma questo non è un momento felice per i vini piemontesi, impostati troppo tradizionalmente, con caratteristiche di ripetitività e poco elastici nel rivolgersi al mercato. Difetti che si riscontrano anche per i prodotti toscani. Tenendo presenti in entrambi i casi le dovute eccezioni”. Per vedere come proseguirà la leggenda di Fontanafredda non resta che aspettare.

Da Casa Savoia alla banca di Siena...
Il colosso del Barolo targato Toscana Fondata nel 1878 dal conte Emanuele Guerrieri, figlio del primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II e della moglie morganatica contessa Rosa di Mirafiori nota come “la bella Rosina” l’azienda di Fontanafredda passò nel 1931 a Monte dei Paschi. Con oltre 110 ettari di cui 80 di vigneto specializzato nel cuore delle Langhe, l’azienda produce ogni anno 6 milioni di bottiglie fra Asti spumane Docg e vini rossi, tra cui il Barolo di cui è in assoluto il maggiore produttore, con un flusso all’export del 35 per cento. I ricavi superano i 30 milioni di euro, incidendo per l’85 per cento sull’intero fatturato della Mps Tenimenti.
(arretrato de La Stampa del 22 ottobre 2006)

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