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La Stampa

Italian style per le vigne della Georgia ... Il bilancio della vitivinicultura del paese inizia con un’azienda progettata da Enosis... Le tracce del culto del dio Badagoni risalgono al 12° secondo avanti Cristo. Siamo nella regione di Kakheti culla della viticoltura della Georgia e ventre da cui oltre 3000 anni fa è nata attraverso i commerci dei Fenici la viticoltura occidentale. L’università di Milano sta portando avanti un progetto di ricerca sugli antichissimi vitigni georgiani anche a livello di Dna per scoprire l’albero genealogico delle nostre varietà europee. La nuova Georgia postcomunista e indipendente da Mosca si affida ancora oggi alla divinità dell’abbondanza e dei raccolti, al protettore di viti e vigneti per farsi accompagnare in questo nuovo “viaggio” verso Ovest. Badagoni, infatti, è il nome dell’azienda agricola che sorge nel villaggio di Zemo Khodasheni. Trecento ettari di vigneti: Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot, Syrah, Pinot nero, Viognier, Sauvignon Blanc, Chardonnay. Ma, soprattutto due varietà autoctone: Saperavi (rosso) e Rkatziteli (bianco). Al posto dei fenici ci sono degli italiani. Non hanno navi ma tecnologia ed esperienza. Li guida l’enologo Donato Lanati che di fatto ha gemellato l’Enosis e la sua Cascina Meraviglia di Cuccaro (Fubine) e le colline del Monferrato con quelle di Akhmeta. Il risultato di questa collaborazione è la nuova fabbrica con annessa cantina sociale inaugurata alla fine di ottobre con la partecipazione del primo ministro David Nogaideli.
La presenza del premier non è casuale. Il governo di Tbilisi punta molto sulla ripresa dell’esportazione di vino. La produzione di vino rappresenta circa il 50 per cento del prodotto interno lordo. Fino alla metà del 2005 la produzione era esportata verso la Russia. Unico paese in grado di assorbire una produzione che aveva perso ogni traccia dei saperi antichi. Un vino rosso con un tasso zuccherino molto elevato: 50 grammi. Nel corso dei secoli, infatti, a garantire in qualche modo la qualità del prodotto erano stati i monasteri e le chiese ortodosse. Nelle cantine dei luoghi di culto si produceva il vino da messa che poi veniva rivenduto. Stalin, nativo della Georgia, non ha esitato a cancellare chiese e viticolture. Racconta Lanati: “Nelle grandi otri al posto del vino veniva conservato il carburante. Una scelta che ha contribuito a lasciare la Georgia contadina in una posizione molto arretrare rispetto all’Europa”. La viticoltura, comunque, sopravvive almeno fino all’entrata in vigore dell’embargo della Russia sui prodotti georgiani. Il vino soprattutto che rischia di restare invenduto perché non esistono le cantine sociali. A quel punto il tentativo di riprendere la via dell’occidente diventa una necessità. La Badagoni ha bisogno di una svolta tecnologica e all’inizio di quest’anno Lanati inizia a fornire il know how necessario per competere sul mercato europeo. La nuova fabbrica vinicola della Badagoni (la cui produttività per ora raggiunge le 3000 tonnellate) è stata messa in piedi in 8 mesi e ha richiesto un investimento totale di 15 milioni di euro. Accanto alla collaborazione tecnica (l’impresa trevigiana Della Toffola ha fornito impianti e linee di trasformazione) c’è anche la ricerca.
Spiega Lanati: “C’è un progetto per la riscoperta e la valorizzazione delle specie autoctone come il Saperavi, che ha anche la polpa rossa e il Rkatziteli e di altre varietà di interesse enologico”. Il premier georgiano ringrazia: “Per la prima volta apriamo un’azienda in Georgia che ha gli standard e può competere in Europa”. Ringrazia anche il vescovo di Thelavi che è riuscito a ristrutturare l’antica cantina del Duomo dove adesso i frati vino con la tecnica antica. La festa della vendemmia e appena finita e il vino del 2006 avrà Lanati come testimonial.
(arretrato de La Stampa del 5 novembre 2006) 
Autore: Maurizio Tropeano

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