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La Stampa

“Con il cibo porterò la pace nel mondo” ... E’ vero che Eataly a Torino è diventato il centro enogastronomico più grande del mondo? “Ci sono altri esempi a Londra, in Giappone, a Parigi, negli Stati Uniti ma noi abbiamo introdotto altre cose tra cui anche la didattica”.
Ma di cosa si tratta?
“E’ un grande mercato dove sono messi in vendita soltanto cibi di alta qualità con nove ristorantini monotematici di reparto: carni, salumi e formaggi, verdure, pesce, pasta, pizza, birra e gelati. C’è anche Guido di Costigliole di Pollenzo, uno dei più noti locali d’Italia, che ha aperto un ristorante “Guido per Eataly”. Poi ci sono una biblioteca con duemila volumi più dieci computer, un grande reparto per i cibi di stagione, aree dedicate al vino, alla birra, ai prodotti piemontesi. Infine tre aule didattiche, dove i cinquanta migliori chef di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta vengono a fare a turno corsi di cucina per i nostri clienti. Eataly è l’unico grande centro dedicato al cibo dove si può comprare, mangiare e studiare”.
Come mai lei ha deciso di investire venti milioni di euro in un’operazione di questo genere?
“I cibi di alta qualità sono appannaggio di circa il 10 per cento della popolazione, 5 per cento sono ricchi e possono permetterselo, 5 per cento sono appassionati, persone che amano i cibi. Il resto sono persone che non si avvicinano ai cibi dl qualità per mancanza di conoscenza. Non fanno attenzione a ciò che mettono dentro al corpo, avvicinare gente comune quindi ai cibi di qualità è una cosa molto Importante”.
A un mese dall’apertura, possiamo fare un primo bilancio su Eataly?
“E’ un successo enorme, siamo stati accolti in modo fantastico dai cittadini di Torino e del Piemonte che non si aspettavano un luogo del genere. Oltre 300 mila visitatori il primo mese e oltre 100 mila hanno comperato, mangiato o partecipato a corsi. Si è già creata una clientela fissa per la ristorazione informale, con 7-8 euro si mangia un piatto. Eataly si è rivelato un ambiente come il bazar di Istanbul dove la gente si ritrova, chiacchiera, si ferma, legge e si conosce. La gente condivide pane e acqua si può dire, si crea convivialità virtuosa di cui il cibo è come il demiurgo. Si annullano le differenze sociali, politiche e in fondo il cibo è un grandissimo strumento di pace”. Quindi si potrebbe aprire un centro “slow food” a Gerusalemme?
“Dico sempre a Carlo Petrini che secondo me bisognerebbe mettere i Presidenti di Israele e Palestina a uno stesso tavolo a mangiare e a bere discutendo solo di cibo e la cosa potrebbe avere successo”.
Che rapporto ha con Petrini?
“Sono un suo grande amico personale e un grandissimo fan e estimatore. Per quanto riguarda il mondo del cibo è una sorta di mio direttore spirituale”.
Si dice che lei pensa di aprire un nuovo Eataly a New York e poi in altre città italiane. E’ così?
“Si, questo sviluppo inizierà nel 2008, il 2007 lo vogliamo dedicare a imparare e a gestire bene questa macchina straordinaria che è Eataly di Torino e a cercare nuovi produttori virtuosi che possano fornirci cibi che promettiamo di buona qualità”.
Come mai lei è passato dagli elettrodomestici, il suo primo mestiere al cibo?
“In realtà ero già passato 25 anni fa dal cibo agli elettrodomestici, non ci chiamiamo Farinetti per caso. Mio nonno faceva la pasta e mio padre ha seguito la tradizione. Siamo pastai e io per tornare alle origini ho comprato la pasta a Gragnano e cioè il pastificio Cavalier Olimpio Afeltra che dal 1948 produce pasta originale di Gragnano in Via Roma a Gragnano. L’acqua li è perfetta, il clima è aria fresca del Vesuvio e la brezza del Golfo di Sorrento che si incontrano appunto a Gragnano. E poi ci sono i maestri pastai più bravi del mondo”.
Andrete in Cina, in India, a Mosca, in altri paesi?
“Il format di Eataly è universale e adattabile a tutto il mondo. Il problema di un mercante è quello di riuscire a costruire un format applicabile in tutto il mondo. Pensiamo per esempio al caso di Ikea. L’Ikea di Mosca è uguale a quella di Cinisello Balsamo. Il cibo naturalmente ha problematiche diverse”.
Questo esperimento secondo lei poteva nascere soltanto a Torino?
“Secondo me si, forse è un po’ una presunzione da piemontese innamorato del territorio delle radici. Turino ha caratteristiche uniche in questo senso. E’ la capitale di un territorio che secondo me ha la più alta enogastronomia italiana. A Bra è nato lo Slow food che è il più grande movimento mondiale in questo senso, nel campo della nuova gastronomia non solo il gusto ma il pulito e il giusto e poi Eataly ha ricevuto da parte degli amministratori della città di Torino una comprensione immediata della grande potenzialità che poteva avere per la città stessa”.
(arretrato de La Stampa dell'11 marzo 2007) 

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