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La Stampa

Il vino italiano mette il turbo ... La crescita straordinaria di successi internazionali premia la sfida per la conquista di nuovi mercati... Il vino italiano piace e consolida le sue performance sui mercati internazionali. E’ inutile negarlo la nostra produzione negli ultimi anni ha cambiato pelle, a partire dalle cantine, piccole o grandi, private o cooperative, che sono passate da semplici centri di ammasso e lavorazione a strutture da visitare, da apprezzare per la loro cura, bellezza e suggestione. Tanto che dal 2003 il vino è diventato la prima voce dell’export agroalimentare italiano: su ogni 100 euro di prodotti esportati 20 vengono dai nostri vigneti.
“Nel 2005 le esportazioni sono salite del 10% in volume e del 3,1% in valore sul 2004 - spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi - un aumento che l’anno scorso si è rafforzato toccando un +11,5% in quantità e +5,8% in valuta. Una crescita straordinaria, convalidata dai dati dei primi quattro mesi del 2007, che mettono in luce un ulteriore deciso incremento del 19% per i volumi e del 15% per il valore, rispetto allo stesso periodo del 2006”. Insomma il vino italiano ha il vento in poppa “Ed in questo contesto - prosegue Martelli - si inserisce la vendemmia appena iniziata, che sarà ricordata tra le più precoci degli ultimi 70 anni. Le operazioni di raccolta, in alcune zone, sono iniziate nella prima decade di agosto, con un anticipo che va dai 10 ai 20 giorni rispetto alla media pluriennale. Per tirare le somme è presto, ma le previsioni in quasi tutte le regioni sono di una qualità ottima abbinata ad un calo produttivo stimato tra il 10% ed il 15% rispetto alla produzione 2006, che garantì alle cantine 49.631.000 ettolitri di vino”. L’inverno scorso è stato tra i più miti e meno piovosi degli ultimi decenni, poi c’è stato l’aprile più caldo dell’ultimo mezzo secolo e il luglio più afoso degli ultimi 25 anni, mentre agosto ha fatto registrare temperature torride al Sud e nella norma al Nord.
“Condizioni che stanno appunto determinando un decremento di produzione - sottolinea il direttore di Assoenologi-. Al momento è stato pigiato nei tini poco più del 10% della produzione italiana, percentuale costituita principalmente dalle uve bianche di moscato, chardonnay e pinot grigio, oltre ad un 5% di rossi, come il Brachetto. Per il resto si dovrà attendere le prossime settimane, ma, se le condizioni meteorologiche non tradiranno la stagione, il responso dovrebbe essere più che positivo”.
Un panorama tutto a tinte rosa? Quasi, perchè, avverte ancora Martelli: “A differenza del passato la crescita delle vendite non ha avuto un andamento generalizzato. Ci sono aziende che hanno messo il turbo ed altre ferme ai box, questo perchè ci sono vini che tirano ed altri sempre più difficili da piazzare. Una cosa comunque è certa, fino a ieri era il produttore che indirizzava le scelte, oggi è sempre di più il mercato sulla base del rapporto qualità-prezzo, per i vini di fascia media, e qualità-prezzo-immagine, per quelli di alto livello, a decidere il successo di un’etichetta”. Intanto, mentre i consumi italiani sono scesi a 49 litri pro capite l’anno, le vendite all’estero volano: nel 2006 il volume di vini esportati ha toccato i 18 milioni di ettolitri, circa 2 milioni in più sul 2005, per un valore di ben 3,2 miliardi di euro, un record. Il futuro quindi si giocherà sulla capacità di individuare e conquistare nuovi mercati. Ma questo non sarà facile visto che i concorrenti stranieri aumentano. Un esempio? Vent’anni fa gli importatori di vino nel Regno Unito erano 20 oggi sono quasi 100.

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