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La Stampa

Tra vigna e bicchiere i rincari toccano il 25% ... La galoppata del vino... Dopo il pane il vino. I rincari che martellano la tavola degli italiani passano dal piatto al bicchiere, l’annuncio viene dal sindacato imbottigliatori dell’Unione Italiana Vini: “Si prevedono aumenti medi minimi nell’ordine del 20-25% per i vini base e del 10% per i vini di fascia medio-alta - dice un comunicato, che spiega - Si tratta di una conseguenza della vendemmia 2007 che è la più scarsa degli ultimi 60 anni”. E l’Uiv, per giocare d’anticipo sulle polemiche di agricoltori e consumatori, già verificatesi nel caso dei pastai, mette le mani avanti: “Se è vero che i prezzi delle uve negli ultimi anni erano calati drammaticamente -spiega - è altrettanto innegabile che oggi si è arrivati in alcuni casi all’estremo opposto, mentre sono ormai 5 anni che i listini proposti alla commercializzazione non vengono ritoccati”. E infine la proposta per evitare danni peggiori: “Per scongiurare il ripetersi di situazioni è fondamentale che produzione e trasformazione-imbottigliamento giungano a una programmazione concordata dei prezzi quanto meno quinquennale”. Ma c’è anche chi, sottovoce, racconta un’altra storia: quella di un’enfatizzazione degli effetti degli aumenti per riuscire a spuntare contratti migliori con la grande distribuzione. Certo è che bisognerà far fronte a nuovi aumenti e questo non farà bene nè alle tasche dei consumatori, nè al mercato interno del vino, che già soffre un ristagno di vendite dovuto in gran parte proprio ai livelli dei prezzi. La Coldiretti, per contrastare i rincari, consiglia di privilegiare gli acquisti diretti dal produttore. Ma quanto costerà in più una bottiglia di vino e come saranno distribuiti gli aumenti sui listini? “Il prezzo al pubblico non ha molta attinenza con quello pagato ai produttori”, dice Giorgio Ferrero, vitivinicoltore e presidente della Coldiretti piemontese, che fa un esempio: un miriagrammo (10 chili) di uva barbera viene pagato, sulla media, 6 euro, per fare un litro di vino servono 1,4 chili d’uva, quindi 0,80 centesimi, i costi di trasformazione incidono circa 30 cent, a parte l’ammortamento dei macchinari, quindi, stando all’osso, si arriva a 1,10 euro per un litro di Barbera. “Poi - dice Ferrero - si entra in una nebuolosa. Dipende da che percorso fa il vino, se passa attraverso un imbottigliatore o se l’azienda che ha i vigneti completa il ciclo da sola. Di lì, però, la strada è ancora lunga: mediatori, grossisti, enoteche, supermercati, ristoranti, ognuno con una sua logica operativa”. Vediamo allora come vanno le cose in una struttura a ciclo completo: “Al momento il mercato è fermo, anche perché ci sono giacenze dell’anno scorso da smaltire- premette Mino Quaglia, direttore della Cantina sociale di Rocchetta Tanaro, in provincia di Asti - comunque noi vendiamo, franco cantina, una bottiglia di Barbera Doc 2006 da 12,5 gradi a 3,30 euro, Iva compresa. Per l’annata 2007 potremo salire di qualche decina di centesimi, comunque al disotto dei 4 euro”. Giacenze sì, ma sino ad un certo punto, puntualizza Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi: “Le scorte già l’anno scorso sono state intaccate abbondantemente - spiega - ma una buona parte dei rincari sarà assorbita dalla filiera e molti grandi “buyer” del vino stanno alla finestra. Azzardando un paio di esempi posso ipotizzare che una bottiglia di Merlot del Veneto Igt, franco cantina, possa passare a 2,40-2,60 euro dai 2,20 dell’anno scorso e una di Pinot Grigio Doc dell’Oltrepo pavese si sposti dai 3,10 euro del 2006 a 3,40-3,60. Prezzi che salgono di una cinquantina di centesimi nei supermercati, ma sino al 300% nei ristoranti, con un’operazione di ricarico che allontana sempre più italiani dal vino”. C’è anche chi i rincari ha saputo batterli, almeno in parte, sul tempo: “Quando si vede che sulle viti c’è poca uva si compra subito - conferma Gianni Zonin - oggi al mercato manca qualche milione di ettolitri e il mercato ha le sue leggi. E’ aumentato tutto, dalle bottiglie agli imballaggi, e certo le aziende dovranno recuperare in qualche modo questo aumento delle uve, altrimenti rischierebbero di chiudere”.

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