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La Stampa

“Il Giappone respinge il vino italiano” ... Una voce piomba su Vinitaly, ma Roma tranquillizza Tokio inviando le analisi di laboratorio... Rumors anche sulla Germania, ma Berlino
smentisce... Il terzo giorno di passione del vino italiano a Verona è cominciato con una voce che strisciava come un serpente tra gli stand di Vinitaly. Dopo le notizie, smentite dalla procura di Taranto, su componenti chimiche “velenose” trovate in un mare di 70 milioni di litri adulterati in Italia, il Giappone avrebbe deciso di sospendere le importazioni enologiche dal nostro Paese. Ma non basta, secondo le stesse voci, anche la Germania avrebbe chiesto a Roma chiarimenti approfonditi nonostante le assicurazioni alla Commissione europea dei ministeri delle Politiche agricole e della Salute:
su autorizzazione della procura rompevano il silenzio sull’inchiesta «”Vendemmia sicura” per comunicare la non pericolosità del vino adulterato, identificato dalle analisi come una miscela basata su acqua e zucchero.
Le voci trovavano corpo durante la conferenza stampa, convocata dal presidente di Veronafiere, Luigi Castelletti, per sottolineare il grave danno causato al comparto vinicolo e al marchio Vinitaly. A una domanda sulle ipotetiche misure attivate da Giappone e Germania, Castelletti rispondeva che in effetti risultava “una particolare attenzione dei due Paesi alla vicenda del vino adulterato”.
La risposta ha acceso la corsa alla ricerca di conferme. Al telefono il ministro delle Politiche agricole, Paolo De Castro, diceva da Vieste: “Al momento non mi risulta nulla, l’Unione europea si è dichiarata soddisfatta dei nostri chiarimenti. Non vedo perché la Germania non dovrebbe esserlo. Se all’estero si insiste su questa vicenda c’è da pensare che si stia scatenando una guerra commerciale”. Ma perché Germania e Giappone e non altri? “È Io stesso motivo - rispondeva il ministro - per cui nel caso della mozzarella di bufala, accusata di contenere alti residui di diossina, lo stop alle importazioni era partito dalla Corea: ogni Paese ragiona con la propria cultura e sensibilità in materia. Ma su questo caso dovrebbero farci i complimenti da tutto il mondo per l’accuratezza delle indagini e i risultati ottenuti”.
Poco più tardi ecco la conferma delle voci: “Berlino ha inviato venerdì sera all’Italia una comunicazione per chiedere sia spiegazioni sul caso sia maggiori dettagli sull’eventuale esportazione dei vini adulterati verso la Repubblica federale”. Importatori e commercianti di tutta la Germania erano stati informati del caso. Dal Giappone, invece, né smentite né conferme, perché col diverso fuso orario si è in pieno weekend e gli uffici sono chiusi.
Ma i colpi di scena non erano finiti. A un’ora di distanza una portavoce del ministero tedesco per gli Alimenti dichiarava che Berlino non aveva “alcun motivo per mettere in dubbio” le informazioni inviate da Roma. Immediata la conferma di De Castro: “Come avevo detto, non c’è niente di nuovo sotto il sole, se non la voglia di fare del male”.
Una voglia ben radicata, visto che poco dopo tra gli espositori correva voce che due catene di grande distribuzione stessero ritirando dagli scaffali il Brunello, in piena bufera peri vitigni scoperti a Montalcino, non ammessi dal disciplinare Docg.
L’ultima notizia della giornata arrivava dalla Coldiretti che in uno stand ungherese aveva scoperto una bottiglia di vino (non un wine-cooler ma un prodotto di 12,5 gradi) fatto con lamponi, ribes e altra frutta. Tutto regolare, nessuna truffa, si tratta di una pratica ammessa dalla riforma comunitaria del settore vitivinicolo. “Una decisione - commenta la Coldiretti - che è una sconfitta per l’enologia italiana e che apre la strada a nuovi rischi di sofisticazioni”.

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