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La Stampa

Brunello, il veleno è fra i produttori … Nell’assemblea a porte chiuse la caccia ai colpevoli… S’infilano veloci nel piccolo teatro del paesone, schivano la telecamera del Tg3, firmano il registro e vanno a prender posto. Scusi, lei è un è produttore di Brunello? La risposta è il silenzio. Dicono che il vino fa cantare e parlare, ma non è vero: almeno adesso, alle quattro e mezzo del pomeriggio, quando i 250 produttori si riuniscono per meditare, e forse litigare, sul loro prezioso vino. Come sia andata non lo diranno mai, l’han giurato a Francesco Marone Cinzano, il loro presidente. “Silenzio stampa”. E silenzio stampa sia. Manco le immagini, vietate addirittura alle telecamere della tv svizzera, il massimo della neutralità.

Bisogna capirli, i signori del Brunello. Qualche sfortunata coincidenza li ha mandati in prima pagina, e mica solo in Italia, in coppia con chi mette porcherie nelle bottiglie.
Non è il caso del Brunello, che resta vino eccelso e puro, e le pagine dei quotidiani con un certo orgoglio rilanciano la benedizione di Giorgio Napolitano, il Presidente che ama e gusta mozzarelle e Brunello di Montalcino. Non è il caso perchè nelle bottiglie non ci sono veleni. Al massimo, proprio al massimo, è ancora tutto da dimostrare, nelle bottiglie non c’è solo uva Sangiovese - come viene dichiarato - ma pure una qualche correzione di Merlot.

Tutto qui? Tutto qui. Però, e i produttori lo sanno, c’è già da farsi male:
altrimenti mica si sarebbero rinchiusi in quésto teatro. Per cominciare giù le mani dal Brunello. “Non accettiamo speculazioni mediatiche che potrebbero essere ben gradite e cavalcate di nostri competitor nel mondo”, si legge nella nota diffusa dal presidente Marone Cinzano. Denunciate doverosamente le speculazioni a che si passa? Alle avvelenate vicissitudini di questo meraviglioso vino, a chi - appunto - non avrebbe rispettato la regola che lo vuole figlio di uva sangiovese e basta.
Nobiluomo e gentiluomo, il conte Marone Cinzano è presidente da soli sette mesi.
“Noi coltiviamo viti e vigneti, non la cultura del sospetto - dice - E non vorremmo cambiare mestiere”. Vorrebbe, come tutti qui, continuare a produrre, vendere ed esportare vino di qualità. Vorrebbe, come il sindaco del Pd Maurizio Buffi, continuare a vedere i 2 milioni e mezzo di turisti salire ogni anno ai 564 metri di Montalcino, riempire enoteche, ristoranti, locande. La paura, a sentire il Conte, a sentire il Sindaco, c’è. A vedere i turisti seduti e sbevazzanti ai tavolini della Fiaschetteria, è solo un cattivo pensiero, un incubo che passerà.

Ma il silenzio stampa resiste. “Quando ci saremo ripettinati parleremo”, sfugge a Marone Cinzano. S’intende che prima avranno da spettinarsi, da litigare tra loro, da scoprire chi s’è inventato quell’aiutino di merlot che tanto garberebbe ai palati del mercato Usa, che è un quarto del Brunello business, 200 milioni di euro all’anno. A Siena la Procura della Repubblica indaga. Assicurano che il vino è buono, anzi ottimo. Però bisogna vedere se è fatto come il Consorzio del Brunello comanda, solo con Sangiovese.

Magari un giorno si scoprirà che, pure qui, è tutta colpa dei socialdemocratici. In particolare di Giuseppe Saragat che da Presidente della Repubblica negli Anni ‘60 portò 30 bottiglie di Brunello alla Regina d’Inghilterra. Allora, a Montalcino, di produttori ce n’erano appena dieci. Nel ‘94 erano 148 con 2 milioni e mezzo di bottiglie. Ora sono 250 e in un paio d’anni le bottiglie potrebbero arrivare a 10 milioni. Insomma, e la legge della domanda e dell’offerta. E se il mercato domanda Montalcino mica può rispondere che la cantina è vuota.

Al Teatro degli Astrusi son rimasti in meditazione fino all’ora dei tg della sera. Il silenzio continua, ma il conte Marone Cinzano fa capire Montalcino non si farà avvelenare dai nemici del made in Italy. Caso mai, ma questo il Conte non lo dice, Montalcino e il Brunello dovranno rivedere regole forse troppo severe. O, come dice Roberto Cipresso, “wine maker e scrittore” “capire che le leggi sono rimaste ferme e il mercato e le tendenze sono andati avanti, e non solo negli Usa”.
Frutta, polpa, velluto, seta... Il “corredo aromatico”, i “palati esperti”, i “passi creativi”. Una giornata, questa giornata a Montalcino, basta e avanza per sentirsi esperti della materia. Con rispetto, però. “Siamo in 5 mila, e almeno 3 mila di noi lavorano e vivono di Brunello”, dice Maurizio Buffi, il sindaco eletto appena dieci mesi fa. E nella sede del Consorzio contano le telefonate e le mail dagli Usa, dal Giappone, dalla Germania, dall’Inghilterra del Principe Carlo che adora Montalcino e il suo tavolino all’aperto alla “Fiaschetteria Italiana 1888”, “creata da Ferruccio Biondi Santi inventore del Brunello”.

Qui, alla Fiaschetteria di Piazza del Popolo, passano tutti e la chiamano “Radio Montalcino”. Tavolini pieni anche ieri, fin dalle nove del mattino, i turisti stranieri con gli occhiali da sole per coprire le occhiaie alcoliche della notte. Passa il Sindaco, passa il Conte. E passerà anche questa bischerata del veleno nel Brunello. Non è vero. Ma ora sta al Brunello, al Conte Presidente, magari anche al Sindaco, far dimenticare questo brutto viaggio nelle “speculazioni mediatiche”. E non c’è bottega, a Montalcino, che non abbia messo in vetrina titolo e foto con il Presidente Giorgio Napolitano: “Continuo a bere Brunello”. Prosit.

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