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La Stampa

Non mangio per pagarmi la tv nuova ... Consumi a picco, crescono solo tecnologia e palestre... Più poveri ma non meno belli. E soprattutto ipertecnologici e affamati di comunicazione. Le più recenti indagini sui consumi raccontano come gli italiani convivono con la crisi economica senza rinunciare all’edonismo. Semplicemente, lo orientano altrove, capovolgendo la gerarchia dei bisogni. Riducono la spesa alimentare per iscriversi in palestra o comprare l’ultimo modello di cellulare. Rinunciano allo scooter ma non al week end enogastronomico.
L’ultimo rapporto della Confcommercio segnala a marzo la maggiore riduzione di consumi delle famiglie da tre anni a questa parte: -1,7%. I settori più colpiti sono i beni e servizi per la mobilità (auto, moto, aerei, benzina) e quelli ricreativi (cinema, sport, concerti). Male anche gli alimentari, i mobili e gli utensili per la casa. Stabili abbigliamento e calzature, dopo un prolungato calo. Eppure, nel panorama di una “crisi profonda e strutturale della domanda interna”, gli esperti colgono alcuni squarci di luce. “Gli unici settori che sembrano non risentire della crisi sono i beni e servizi per le comunicazioni (addirittura +9,8%) e quelli per la cura della persona (+3,3%)”. Crescono anche i consumi per ristoranti e alberghi, grazie all’effetto-Pasqua.
Questi dati non solo casuali. Rappresentano l’esplosione di tendenze incubate negli ultimi anni, spiega Giampaolo Fabris, sociologo dei consumi che qualche anno fa teorizzò la “sindrome della quarta settimana” e al “nuovo consumatore post moderno” ha dedicato un saggio. Il boom della spesa in comunicazione è il più eclatante. In quel +9,8% ci sono computer, televisori, radio, cellulari, abbonamenti Internet e tv.
I numeri sono eloquenti. Il telefonino è in tasca al 93% degli italiani. Tra il 2006 e il 2007, rileva l’Istat, la percentuale di famiglie che possiedono un cellulare è cresciuta dall’82,3% all’85,5%. Quelle con accesso a internet sono diventate il 38,8% (solo cinque anni fa erano il 30,7%). E sono sempre meno gli italiani che si accontentano della televisione generalista. In cinque anni gli ascolti dei canali satellitari si sono quadruplicati. Dopo aver tagliato il traguardo dei 4 milioni di abbonati nel dicembre 2006, oggi Sky viaggia sui 4,5 milioni. Parallelamente, anche se con numeri più ridotti, si è affermato il digitale terrestre, in cui nell’ultimo anno Mediaset ha aumentato le sottoscrizioni da 1,5 milioni a 2 milioni.
“Un bisogno di comunicazione - spiega Fabris - con una centralità inimmaginabile fino a pochi anni fa e si esprime attraverso una quantità enorme di canali”. Non deve stupire che, caso unico nel mondo, in Italia l’iPhone sarà commercializzato da due operatori. C’è spazio, il mercato lo consente. Del resto, l’attesa per il nuovo cellulare-gioiello della Apple si consuma da mesi. E non tutti hanno saputo resistere. Per capirlo, bastava andare nei negozi di New York durante le vacanze di Natale: pieni di italiani che facevano razzia di iPhone da far “craccare” per renderli funzionanti in patria.
Anche i buoni risultati nella ristorazione secondo Fabris vanno letti come espressione di crescente “bisogno di comunicazione”. Si va a cena fuori o si fa l’happy hour per socializzare. E si va fuori nei week end tra cantine e presidi slow food. Iniziative come “Cantine Aperte” in quindici anni hanno portato l’Italia ad avere circa quattro milioni di enoturisti e un volume d’affari annuo di 2,5 miliardi di euro, con tassi di crescita dell’8%.
L’altro fenomeno è la spesa per la cura della persona: dalla sanità ai prodotti farmaceutici all’ampio campo della cura del corpo. Il mercato del benessere è in crescita da dieci anni e non conosce crisi: solo l’anno scorso +5%. Ma per Fabris non è il trionfo effimero dell’apparire. “Attenzione - dice - questo non è solo edonismo, ma anche salute vera e propria. È un cambiamento profondo. Fino a qualche anno fa c’era il boom dei tatuaggi e delle lampade abbronzanti, oggi si spende per il fitness, per l’attività fisica. Per uno “star bene” che migliora anche la vita di relazione”.

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