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La Stampa

“L’Ota non ha contaminato i vini piemontesi. Ma il fungo si deve combattere nel vigneto” ... La collaborazione tra mondo finanziario e mondo universitario può dare risultati sorprendenti e di grande interesse per la salute dei consumatori. Uno di questi esempi viene da una ricerca finanziata dalla Fondazione Crt e realizzata da Agrinnova, il Centro per l’innovazione in campo agroambientale dell’Università di Torino. “Obiettivo dello studio - dichiara Andrea Comba, presidente della Fondazione Crt - è uno dei gioielli dell’agricoltura piemontese:
il vino. Per il consumatore medio può essere una sorpresa, ma il vino può essere contaminato da funghi produttori di una sostanza molto pericolosa, con potenziali effetti cancerogeni e neurotossici”. “Ma - precisa subito Angelo Garibaldi, presidente di Agroinnova - i vini piemontesi sono risultati assolutamente “sani” e sicuri per quanto riguarda l’ocratossina A, la potente nefrotossina 11 cui acronimo è Ota, e che viene prodotta da funghi Aspergiflus spp e Aspergillus Carbonarius”.
Grazie al contributo della Fondazione sono stati esaminati oltre 1000 campioni di vini prodotti tra il 2001 e il 2007, dal Dolcetto al Barbaresco, dal Barolo alla Barbera e poi Arneis, Chardonnay Favorita, Freisa, Moscato, Nebbiolo e Roero. Ancora Garibaldi: “I dati parlano chiaro: il limite massimo tollerabile di Ota nel vino, ammesso a livello comunitario, è di 2 mg per litro. Ebbene nei vini piemontesi la percentuale di Ota è sempre stata di 10-20 volte inferiore al limite consentito”. Secondo Lodovica Gullino, direttore di Agroinnova, “i vini rossi presentano una maggiore contaminazione di Ota rispetto ai vini bianchi”.
I risultati dello studio saranno presentati la prossima settimana. L’indagine punta a informare i principali soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola piemontese e valdostana. Ancora Gullino: “Tra gli obiettivi della ricerca c’è quello di valutare l’influenza di pratiche colturali, tra cui l’irrigazione e il trattamento con agrofarmaci, nei confronti del fungo Aspergillus, considerato il principale produttore della pericolosa tossina Ota”. Le attività svolte in vigneto hanno permesso di definire l’efficacia di diverse strategie di difesa nei confronti di funghi produttori cli ocratossina. Ed è stato constatato che è meglio operare in vigneto piuttosto che in cantina: “I tentativi di ridurre il contenuto di Ota durante la vinificazione, alterando spesso in modo irrimediabile le caratteristiche organolettiche dei vini, non sono applicabili in prodotti che puntano soprattutto al mantenimento della qualità e del prestigio come i vini piemontesi”.
Secondo Gullino “il progetto ha permesso di mettere in evidenza l’ottima situazione in cui si vengono a trovare i vini piemontesi mentre non si può dire lo stesso per altri vini italiani”. E conclude: “Monitoraggi simili a livello europeo hanno confermato la presenza della tossina con maggiore frequenza nei vini delle regioni meridionali”.

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