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La Stampa

Fame di terra, lo Stato cede i campi ... le commissioni Bilancio e Finanze della Camera hanno approvato un emendamento che autorizza il demanio ad avviare uno screening dei terreni a destinazione d’uso agricolo dello Stato attualmente liberi che potranno essere “affittati a giovani che vogliono investire in questo campo con condizioni di favore come mutui agevolati o contributi a fondo perduto”. E’ una prima importante inversione di tendenza perché per la prima volta dopo decenni l’agricoltura potrebbe riprendersi terreni che le sono stati sottratti dall’urbanizzazione: 3 milioni di ettari in meno negli anni ottanta, solo 300 mila negli ultimi sette anni. Secondo uno studio di Confagricoltura ci sono almeno 137 mila ettari non utilizzati che potrebbero essere rimessi a coltura per fini alimentari e no food in tempi brevi. E poi, a medio termine, c’è la possibilità di riconvertire almeno una parte dei 900 mila ettari di pascoli e prati permanenti o di valorizzare le superfici destinate a boschi od arboricolutra da legno, ad esempio per la produzione di bioenergie. Una boccata d’ossigeno per un settore che sta vivendo una fase di concentrazione. Secondo Confagricoltura “le imprese tendono ad aumentare la loro dimensione, anche per sfruttare maggiori economie di scala e vincere la sfida della competitività ma la “stretta fondiaria” frena l’espansione”. In tutta Italia esistono 2.352 aziende pubbliche che gestiscono più di 2,8 milioni di ettari di superficie agricola che includono poco più di 1 milione di ettari Sau (seminativi, arboree, prati e pascoli), oltre 1,6 milioni di ettari di boschi e 250 mila ettari di superfici non utilizzate ed altre. Secondo Confagricoltura “il patrimonio va analizzato accuratamente e caso per caso per verificare quanta parte della superficie disponibile di ciascun lotto sia effettivamente suscettibile di destinazione agronomica”. Ecco perché nel progetto di Confagricoltura si dovrebbero individuare alcune Regioni pilota dove far partire una collaborazione. Tre gli obbiettivi. Il primo: individuare i fondi rustici interessanti. Il secondo: ispezione in loco per valutare la suscettività agronomica. Il terzo: richiedere la privatizzazione, da perfezionare poi con bando pubblico, di vendita o di locazione, aperto a tutti i potenziali utenti. Per Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, il provvedimento “rappresenta un primo passo di una strategia dinamica, verso le nuove generazioni. L’Italia, nell’unione Europea ha il più basso indice di ricambio generazionale in agricoltura: il rapporto tra imprenditori attivi under 35 e over 65, è all’8%, contro il 66% della Francia e il 125% della Germania”. Anche per la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori si tratta di un “passo avanti”. La Cia ha elaborato un piano che parte dall’utilizzo agricolo dei terreni demaniali ma va oltre e punta alla definizione di un “piano di azione organico per favorire il ricambio generazionale dei titolari d’azienda e la costituzione di nuove imprese e per favorire l’attrattività e la sostenibilità dell’attività agricola”.

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