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La Stampa

I viticoltori nelle mani di grossisti e industria ... Il 2009 rischia di far scoccare l’anno zero della viticoltura italiana, come lo era stato il cruciale 1986: il millesimo del metanolo. Nessuna paura: qui nessuno rischia la salute, ma tanti, forse troppi, perderanno la propria azienda agricola. In questi giorni si stanno susseguendo dichiarazioni a ripetizione sulla vendemmia, sempre ottima e di alta qualità come recita un copione già scritto. Ma i problemi sono altri e più profondi. Così come accade in tutti gli altri settori agricoli, anche la viticoltura è stata pesantemente investita dalle fluttuazioni dei prezzi della materia prima. Il valore delle uve è in picchiata, tanto che in moltissimi casi, dal Piemonte alla Sicilia, accadrà che il contadino non solo vedrà ridotte le proprie entrate, ma addirittura rischia che i ricavi siano più bassi dei costi sostenuti. Questo è il primo e il più grave indizio di un settore in profonda trasformazione. Ora il mercato è in mano ai commercianti e agli industriali che possono fare il bello e il cattivo tempo, così come accadeva un tempo, prima della rinascita dell’enologia italiana. Possono ad esempio decidere di comprare o meno il raccolto fissando loro il prezzo, e ancora peggio svuotare le cantine dei vignaioli piene di vino sfuso invenduto. Un altro segno evidente di una brusca sterzata è dato dalle strategie di alcuni grandi marchi che non investono più nel settore agricolo a tutto vantaggio dell’assunzione di tecnici che controllano i campi degli agricoltori conferenti, imponendo pratiche e prodotti chimici da utilizzare, trasformando il ruolo di queste persone, non più contadini, ma operai privi di un proprio potere decisionale. La materia prima a prezzi stracciati arriva poi in cantina dove schiere di enologi la aggiustano secondo i gusti del momento, per poi giungere sugli scaffali della grande distribuzione con una bella confezione. Ma il consumatore non vede cosa si cela dietro l’etichetta: impoverimento della cultura contadina, scomparsa della figura del vigneron, vini sempre più tecnici e meno aderenti al terroir e sempre meno scelta per l’appassionato di vino. Il vignaiolo è di fronte a un bivio: soccombere ed estirpare (26.000 ettari in procinto di fare questa fine), oppure unirsi e resistere, con l’obiettivo di promuovere, agli occhi del consumatore, il proprio ruolo sociale e storico.

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