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La Stampa

Il mercato degli Stati Uniti trascina la ripresa, ripartita anche La Germania ... Vino, l’export cancella la crisi ... Crescita record: +11,7%. Vola l’Oriente: Hong Kong è la città chiave ... Al mondo del vino mancano le occasioni di confronto reale, i momenti in cui si parla con sincerità e trasparenza di vendite, con numeri veri, e progetti. Quest’anno il Vinitaly - in programma a Verona dal 7 all’il aprile - dovrà diventarlo: fra le aziende italiane che negli ultimi mesi hanno pronunciato più spesso la parola crisi, quelle più consone al mondo dell’enologia dovranno confrontarsi con i dati dell’export 2010 che per i bianchi e i rossi italiani vale 3,9 miliardi di euro, cioè oltre 20 milioni di ettolitri e più di 2,5 miliardi di bottiglie tricolori stappate nel mondo, ovvero una crescita - in termini di valore - dell’11,7% rispetto al 2009. Una performance che vale al panorama enoico nazionale il primo posto nella classifica delle entrate dell’export agroalimentare.

A trainare l’export è il mercato americano, dove l’Italia è il primo esportatore di vino sia in termini di valore che di quantità: circa il 33% del vino consumato negli Usa, per un valore di circa 827,3 milioni di euro, è made in Italy, una crescita che ha sfidato qualunque recessione, con i nostri vini che hanno dato costantemente risultati migliori rispetto ai francesi. Buoni risultati anche in Russia (+59,6% l’export nel Z010) dove il valore delle nostre esportazioni ha superato i 100 milioni di euro, in Canada e in Svizzera (rispettivamente +28,6% e +12,5%), anche se la Germania rimane il nostro primo importato- re con quasi850,6 milioni di euro. Tra i mercati emergenti brilla soprattutto quello cinese, che ha registrato un +109%, con un raddoppio del valore del vino italiano, facendo diventare la città di Hong Kong il centro per la distribuzione e il commercio del vino in Asia. Leggendo con più attenzione i dati ci si accorge che oltre alle etichette, che sono un brand di valore assoluto e non temono la crisi, hanno tenuto bene le bottiglie che hanno un ottimo rapporto fra qualità e prezzo e che incarnano la tradizione; e guardando alle aziende si vede che crescono quelle che meglio hanno saputo strutturarsi sui mercati. “In Cina abbiamo avuto incrementi a due cifre - spiega Alessandro Locatelli di Rocche Costamagna, una delle aziende storiche di La Morra - ma è il risultato di una strategia: ora abbiamo una persona che segue solo noi e ci aiuta a capire quel mercato”. Il vino è fatto da uomini e per venderlo bene all’estero servono uomini in grado di raccontarlo: è finito il tempo degli acquisti a scatola chiusa. A New York - dove l’apertura di Eataly ha aumentato ancora l’interesse già alto per i prodotti italiani - per funzionare serve che i produttori siano molto presenti, che incontrino il pubblico e i ristoratori. Alessandro Lunardi, uomo di chiave di Ornellaia negli Stati Uniti, è il riferimento nella scelta dei vini per alcuni dei principali chef di New York: “Il rapporto personale è fondamentale, quando si vende un vino si fa assaggiare un mondo, una storia. Non è mai soltanto questione di numeri. All’estero ancor più che in Italia”.

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