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La Stampa

Barolo e Brunello due. rossi alleati all’attacco dell’Asia ... Finisce una storica rivalità tra i due vini d’eccellenza “Presentarsi insieme al mondo per sconfiggere la crisi” ... Basta campanilismo tra il vino di Cavour e quello di Garibaldi, stop alle rivalità tra il Coppi e il Bartali dei grandi rossi: dopo un secolo e mezzo di sana e spietata concorrenza, Barolo e Brunello hanno deciso di firmare, se non proprio una pace, almeno un armistizio e di progettare una strategia comune per conquistare insieme nuove fette di mercato. Che ci piaccia o no, i francesi, quando si tratta di vendere il vino nel mondo, sono ancora inarrivabili. Appena si apre un fronte, schierano le loro bottiglie e la loro capacità di fare sistema, mettendo in riga tutti gli altri. Ma c’è un’altra legge, che in qualche modo compensa questa amara verità. E il fatto che, non appena il Bordeaux inizia a rallentare, salgono subito le vendite di Barolo e Brunello, che da decenni si contendono il primato di vino italiano più apprezzato nel mondo, seguiti dall’Amarone. Ebbene, questo momento sembra essere arrivato anche in Cina e negli altri Paesi asiatici, ovvero l’area di conquista più dinamica e competitiva del momento. Dopo il boom dei cugini d’Oltralpe, che in poco tempo hanno occupato il primo posto con il 46% della quota di mercato, la percentuale inizia a essere rosicchiata proprio dai nostri rossi più blasonati, che hanno chiuso il 2011 con il vento in poppa. “Il motivo è semplice - spiega Pietro Ratti, presidente del Consorzio albese -. Se qualcuno inizia ad apprezzare i grandi vini, prima o poi arriva anche al Barolo e Brunello. E quando li prova, non li toglie più dalla sua tavola”. Ed è proprio a partire da questa considerazione che la Strada del Barolo ha teso il rametto d’ulivo ai produttori del Brunello, invitando il presidente del Consorzio di Montalcino, Ezio Rivella, a tenere domani pomeriggio una conferenza in Langa sulle strategie di mercato del grande rosso toscano. La sede dell’“armistizio” non è affatto neutra:i1 Museo del Vino di Barolo, nel castello che fu della marchesa Juliette Colbert Falletti. Proponiamo un’alleanza enologica, per cavalcare il periodo positivo che stanno vivendo entrambi i vini e cogliere le opportunità che si nascondono tra le pieghe di crisi e competizione - dice Nicola Argamante, presidente della Strada del Barolo -. E arrivato il momento di uscire allo scoperto, di presentarci al mondo parlando di eccellenza italiana. In questo senso, Piemonte e Toscana non possono che seguire la stessa strada”. Nessun timore di farsi concorrenza in casa? “No, perché il binomio Barolo e Brunello è già un dato di fatto: nelle carte dei vini internazionali, dove c’è l’uno, trovi anche l’altro. All’estero gli appassionati non sono conservatori come da noi, sono molto più curiosi, desiderano conoscere e provare nuove esperienze”. Sarà che le sue origini piemontesi giocano a favore, ma Ezio Rivella raccoglie con grande interesse la proposta. “Le beghe di cortile sono ormai superate. L’obiettivo comune è accrescere i volumi di export e ribaltare il mix geografico delle sue destinazioni”.
Oggi, per Barolo e Brunello il 65% delle esportazioni riguardano Stati Uniti, Germania e, in generale, gli altri Paesi del “vecchio mondo”. “Ma domani - dice Rivella - i due terzi dei nostri vini popoleranno le tavole asiatiche, sudamericane e delle economie emergenti”. Perché ciò avvenga, occorre un cambio di marcia. “Tanti anni fa - ricorda Rivella - chiesi al grande Robert Mondavi: “Secondo te perché, pur spendendo un mare di quattrini in promozione, noi italiani non riusciamo a sfondare come dovremmo, nel mondo?”. Mi rispose: “Il vostro guaio è che volete promuovere tutti i vostri vini, indistintamente. Dovete imparare dai francesi, che portano avanti le loro denominazioni più famose e lasciano che il resto vada a traino”. Aveva ragione: se Barolo e Brunello fanno da apripista, i benefici ci saranno per tutti”. Dunque, in futuro le due icone nazionali del buon bere potrebbero ritrovarsi fianco a fianco e organizzare degustazioni in giro per il mondo. “Non c’è bisogno di molto - dice ancora Argamante -. Per dare il via, bastano una quindicina di cantine volenterose da entrambe le parti. Credo che il terreno più fertile possa essere proprio la Cina. Ma non sottovaluterei neppure il Nord Europa e i paesi tradizionalmente filo- francesi come il Belgio”. Ambizioso, ma corretto: se i nostri fuoriclasse scendono in campo, la partita si può giocare anche alle porte di Parigi.

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