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La Stampa

Un “Vino libero” da mode e chimica ... Dopo aver catturato alla Fiera di Bari l’attenzione del premier Monti, ammaliato dal fenomeno Eataly, con siparietto tra “il professore prestato alla politica” e il “mercante di utopie” sui significati di “mangia Italia”, Oscar Farinetti torna alla concretezza dei progetti e lancia “Vino Libero”. Lo farà domani dalla nuova sede romana di Eataly, all’ Air Terminal dell’Ostiense, con un messaggio rivolto a tutti i consumatori italiani definiti “cliente finale”. “Vogliamo liberare il vino a cominciare dalla vigna senza concimi chimici e diserbanti, con meno solfiti, ma liberarlo anche da confezioni troppo pesanti e ingombranti, dagli eccessi dell’enoburocrazia e dalle mode effimere e inutili” scrive Farinetti nel manifesto di lancio del progetto. Temi già anticipati nel polemico stand vuoto di Borgogno allo scorso Vinitaly, con il manichino di un vignaiolo intento a scrivere la sua lettera dei desideri. Per dar forza a “Vino Libero” il patron di Eataly schiera da subito 12 cantine della sua galassia, capaci di almeno un milione di bottiglie. Si va dai gioielli piemontesi di Fontanafredda e Mirafiore, al Castello di Santa Vittoria nel Roero, Borgogno a Barolo, Brandini a La Morra, San Romano a Dogliani e poi Monterossa in Franciacorta, la veneta Serafini&Vidotto, Vigne di Zamò in Friuli e scendendo lungo lo Stivale l’azienda marchigiana di Fulvia Tombolini, specializzata nel verdicchio, la pugliese Agricola del Sole e la siciliana Calatrasi&Miccichè, zona del Nero d’Avola. In tutto, quasi duecento ettari di vigne dove si è già iniziato a rispettare un preciso disciplinare di coltivazione a tutela della sostenibilità ambientale e della biodiversità con interventi “leggeri”. Più leggere anche le bottiglie, cartone riciclato per le confezioni, etichette con colori naturali e soprattutto meno solfiti nel vino, almeno il 40% in meno dei limiti legali con l’obiettivo di arrivare a non più usare questo antiossidante, che per legge va indicato in etichetta. “Vino Libero” cercherà nuovi alleati e creerà consenso con una campagna di comunicazione che vedrà rivalutata anche la figura di chi vende vino, a cominciare dalle enoteche, ridefinite “fornitori” con un richiamo alle vecchie bottiglierie, dove si trovava il vino di fiducia senza troppi orpelli. “Sarà anche un vino libero dalle campagne salutistiche e proibizionistiche che lo denigrano e libero di esprimere il proprio carattere dato da vitigno e territorio”. Obiettivi? Per la serie pensiamo in grande: 400 punti di vendita, compresi alcuni negozi monomarca, almeno 600 ristoranti e luoghi di ristoro che avranno la lista di “Vino Libero”. “Ovviamente non solo nei centri vendita di Eataly - spiega Roberto Bruno, direttore commerciale di Fontanafredda e responsabile del lancio del progetto - Ogni bottiglia manterrà la sua etichetta e avrà in più una bandierina con il logo tricolore di Vino Libero per renderla subito riconoscibile”. Prezzi? Di mercato, con ricarichi controllati: dal cinque - sei euro a bottiglia del vino quotidiano ai 50 euro del Barolo riserva. E dopo l’esordio in Italia è già pronto in piano export dagli Usa al Giappone. Per tornare a far sorridere Monti e non solo lui.

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