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La Stampa

La ripresa ha. il colore rosso di Barolo e Barbaresco ... Sugli scaffali delle enoteche e nelle carte dei vini dei ristoranti non li troverete ancora per qualche mese, ma ormai sono pronti in bottiglia: dal primo gennaio hanno fatto ufficialmente il loro debutto le nuove annate di Barolo 2011 e Barbaresco 2012, dopo aver compiuto rispettivamente tre e due anni di invecchiamento. Sono oltre 17 milioni di bottiglie dei due nebbioli più pregiati, che cercheranno di conquistarsi un posto nel grande mercato del vino italiano e soprattutto in quello internazionale, che ormai assorbe il 75% della produzione.
Un balzo in avanti notevole
Grande ripresa se si pensa che dieci anni fa la vendemmia 2001 aveva portato sulle tavole “solo” 8,3 milioni di bottiglie di Barolo e 3,4 milioni di Barbaresco. Se quest’ultimo ha un andamento un po’ meno brillante, il salto più grande l’ha fatto il Barolo, arrivato a sfiorare i 13 milioni di bottiglie grazie agli ultimi vigneti entrati in produzione prima del blocco degli impianti stabilito nel 2012 e a un trend generale estremamente positivo: il vino sfuso ha raggiunto la soglia degli 8 euro al litro, le uve si sono vendute a 3,5 euro al chilo e l’imbottigliamento dell’annata precedente è stato pressoché completo, senza problemi di giacenze.
Porte aperte all’estero
“Abbiamo esaurito il 2010 già da molte settimane e anche del 2009 non c’è più traccia incantina” conferma l’albese Roberta Ceretto. “Noi faremo uscire il 2011 a maggio, per rendere più completo l’invecchiamento, e l’aspettativa è molto buona. All’estero le porte ormai sono aperte: ovunque vai, trovi il Barolo nella carta dei vini e anche i francesi vengono fin qui a cercarlo. Per la nostra azienda, poi, 112015 sarà l’anno della certificazione biodinamica su tutti i 120 ettari di vigneti di proprietà”.
Sulla base del momento positivo, il Consorzio di tutela ha proposto alla Regione di aumentare per il 2015 la superficie di vigneto da coltivare a nebbiolo da Barolo autorizzando 15 ettari di nuovi impianti (o riconversioni), ovvero 5 ettari in più di ciò che era stato concesso nel 2014 e negli ultimi quattro anni. Inizialmente la proposta era stata di 20 ettari, ma le resistenze delle organizzazioni agricole e in particolare della Cia hanno indotto a ridurre un poco la richiesta.
“E’ una proposta che abbiamo avanzato dopo un’attenta valutazione dello stato dell’arte - spiega il presidente del Consorzio, Pietro. Ratti -. A fronte di oltre 300 domande di ampliamento per un totale di 80 ettari, ci è sembrato opportuno alzare un poco la soglia per consentire ai nuovi produttori e alle aziende più piccole di accedere a un mercato in salute, ma senza snaturare la denominazione o creare effetti negativi sulle quotazioni”.
Un pericolo che non spaventa affatto un produttore come Pio Boffa, titolare della cantina Pio Cesare. “Raggiungere o superare con il Barolo la soglia delle 13 milioni di bottiglie non mi preoccupa, perché nel frattempo c’è stata una crescita generale della qualità, della capacità di fare marketing e delle richieste del mercato. In Langa ormai tutti puntano al top e la prova risiede nel fatto che ogni anno ci sono nuovi produttori che escono alla ribalta e trovano il giusto spazio, al di là dei soliti nomi”.
Consolidare l’immagine
Piuttosto, dice ancora Pio Boffa, “occorre lavorare per consolidare l’immagine di un vino straordinario- per l’unicità del vitigno nebbiolo. La nostra sfida, oggi, è conquistare anche il mercato di chi mangia non bevendo vino e beve vino non mangiando. Se e quando riusciremo a imporre il Barolo e il Barbaresco come vini da pasto, anche dove la cultura non prevede la bottiglia in tavola, potremo dirci davvero internazionali”.

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