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La Stampa

“Il nostro marchio per difendere Barbera e Moscato” ... Il passaggio delle consegne avviene nella sala panoramica della cooperativa di produttori Nicolas Feullatte di Chouilly a 5 chilometri da Epernay e a mezz’ora di macchina da Reims. Siamo nel cuore della regione Champagne e il Piemonte eredita la guida delle regioni vinicole dell’Europa. Sergio Chiamparino prende il posto di Jean-Paul Bachy che per 7 anni ha guidato l’associazione (composta da 75 regioni dell’Ue e dell’Europa centrale e orientale) nel segno della difesa del rapporto tra vino e territorio e con un obiettivo chiaro: difendere le comunità del vino dall’industrializzazione senza qualità e dal liberismo senza regole. Chiamparino, eletto per alzata di mano, ci sta:
“Dobbiamo tenere insieme economia e territorio, vino e cultura e fare una politica attiva perché si tratta di nemici mai domi”.
Che cosa significa applicare questa strategia per il Piemonte? “Lavorerò - spiega Chiamparino - perché a livello europeo e transnazionale venga mantenuto il riconoscimento delle produzioni tipiche della vite e del vino sia come specificità territoriali da proteggere e sia come motore economico da tutelare”. La realizzazione pratica è in mano all’assessore all’agricoltura, Giorgio Ferrero: “Dobbiamo cercare di difendere i nostri vitigni, a partire dalla Barbera e dal Moscato, minacciati dalla gbbalizzazione del trattato del libero scambio con gli Stati Uniti”.
La concorrenza
I pericoli arrivano da chi, legittimamente, si è messo a produrre la Barbera in Argentina e il Moscato in Messico e che senza regole di protezione “ci farà concorrenza sui mercati esteri a partire dalla Cina e dagli Stati Uniti”, spiega ancora Ferrero. E ci saranno anche un fronte europeo e uno italiano perché “a breve ci sarà la scadenza del regime di protezioni sui vini che hanno legato la loro fortuna al nome del vitigno”. In un futuro prossimo la definizione Barbera potrebbe finire sull’etichetta di un vino da tavola anche italiano ma non prodotto nella nostra regione. Che fare, allora? La Regione pensa di lavorare sul marchio Piemonte, “non un nuovo marchio ma il nome di una comunità da mettere al primo posto in un’etichetta seguito dall’indicazione del vino”. Si tratta di ribaltare una scelta fatta fino ad oggi dove il territorio, la sua storia, la sua cultura erano secondarie, un’aggiunta al prodotto. In questo modo sarebbe possibile proteggere “i nostri vini con il nome legato al vitigno dall’attacco dei vini da tavola che possono usare ad esempio il nome Barbera ma non potranno usare invece Piemonte, Barbera”.
Ci sarà da attivarsi a livello internazionale e da questo punto di vista la presidenza dell’Arev permetterà di avere un filo diretto con Bruxelles e di “giocare di sponda con il Parlamento europeo per cercare di limitare gli effetti negativi della globalizzazione”, ragiona Ferrero. Per ora, le regioni del vino hanno deciso di coordinare le esperienze nella lotta alla flavescenza dorata che solo per il Piemonte ha un costo sociale di 4/5 milioni l’anno. Ancora Ferrero: “In Piemonte stiamo sperimentando la possibilità di recuperare le viti resistenti e che sono guarite perché non possiamo andare avanti all’infinito con gli insetticidi”. Un metodo che sulle piante di albicocca funziona e che se dovesse essere applicato anche alla vite potrebbe “permetterci di usare quei fondi per la promozione sui mercati internazionali”.

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