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La Stampa

Da una tragedia il Rinascimento
del nostro vino ... 17 marzo 1986, una data che rimarrà impressa nella memoria di ogni appassionato di vino italiano. Scoppia lo scandalo del metanolo. Il punto più basso raggiunto dal settore enologico del nostro Paese. Ventitré morti, una vera e propria strage.
A distanza di 30 anni, quel colpo inferto alla credibilità del nostro vino, che pareva letale, è stato una sorta cli risveglio per tutto il settore. Parlarne in modo positivo è impossibile, visto il rispetto che dobbiamo alle povere vittime (mai risarcite) di questo tremendo tsunami vinicolo, ma è indubbio che si trattò di una scossa per tutti. Da quel baratro, dove erano precipitati tutti, contadini, vignaiuoli, imprenditori agricoli e commercianti, c’era un solo modo per tirarsi fuori. Mandare al macero un certo tipo di enologia, quella che prevedeva la “creazione” del vino con il bastone e le polverine (come si diceva allora) e recuperare il rispetto per le vigne e per l’uva. In questi 30 anni abbiamo assistito a un Rinascimento che non può essere solo riassunto dai freddi numeri, (valore della produzione da 2,5 a 9,1 miliardi di euro, +360%, esportazioni da 800 milioni a 5,4, +574%), ma racconta la storia di un miracolo che non ha pari. Da pecora nera in Europa, a seconda potenza mondiale, appena dietro la Francia, sia come quantità sia come qualità del vino prodotto. Emblematica, poi, la situazione del Piemonte, culla dello scandalo del metanolo, che non solo ha saputo risollevarsi con dignità e orgoglio, ma grazie al Barolo, al Barbaresco e a una schiera fantastica di rossi e bianchi è diventata regione leader nazionale a livello di qualità. Un’eccellenza sancita dall’Unesco, che ha innalzato i suoi paesaggi viticoli a patrimonio dell’Umanità.

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