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La Stampa

Cresce l’export del buon vino. Meno bottiglie ma più qualità ... Esportiamo meno bottiglie, ma guadagniamo di più. E’ questo, in estrema sintesi, ciò che emerge dall’elaborazione dei dati sull’export del vino italiano. Il 2015 ha registrato valori finora mai raggiunti, fino a toccare i 5,3 miliardi di euro, in crescita del 5,4 per cento rispetto al 2014. Abbiamo fatto un po’ meglio degli spagnoli (che sono cresciuti del 4,3%) e un po’ peggio dei francesi (che hanno registrato un +6,8%).
Il volume complessivo è stato di 20,2 milioni di ettolitri, in calo dell’1,4%, ma con un aumento del valore medio del 6,9%, che ci ha consentito di passare dai 2,49 ai 2,66 euro al litro. “La contrazione dei volumi non deve preoccupare, anzi: mandiamo all’estero prodotti di sempre maggiore valore aggiunto” dice il presidente del Comitato nazionale vini Giuseppe Martelli, che ha elaborato i dati su base Istat e li ha presentati nei giorni scorsi a Roma.
Gli spumanti
Prezzo delle materie prime in flessione, azzeramento del costo del denaro e ripresa economica più diffusa fuori dai confini nazionali sono le principali motivazioni che giustificano la performance positiva all’estero. A trainare la crescita è stato senza dubbio il segmento degli spumanti, con un aumento del 17,1% in valore che ha consentito di sfiorare il miliardo di euro e del 14,2% in volume. Il vino in bottiglia ha registrato un incremento più modesto: valore +4,3%, per un totale di 4 miliardi di euro, e volume +0,3%. Lo sfuso, invece, ha lasciato sul terreno 0,6 milioni di ettolitri (-11,8%), accompagnato da una flessione dei ricavi del 9,7%.
La domanda
Se diamo un’occhiata alla distribuzione geografica, notiamo che il vino italiano trova maggiori spazi di penetrazione nei mercati dei Paesi Terzi. In quest’area l’espansione dell’export sfiora l’8%, contro una più modesta crescita del 3,2% nell’Unione Europea dove i valori assoluti lievitano da 2,7 a 2,78 miliardi cli euro. “Indubbiamente, il dollaro forte e la ripresa della locomotiva americana hanno fatto da traino ai nostri vini, che soprattutto nell’ultimo trimestre hanno registrato una performance migliore rispetto agli anni precedenti” dice ancora Martelli. Il mercato statunitense è aumentato del 12,8%, passando da 1.400 a
1.580 milioni di euro, mentre la Germania è calata delI’1,3% (959 milioni) e il Regno Unito è cresciuto del 14% (745 milioni). Positiva la domanda di vini italiani che arriva anche dall’Estremo Oriente, con valori in ascesa dai 315 ai 341 milioni di euro (+8,7%).
Il futuro
Dopo questa infilata di numeri, la domanda sorge spontanea: il trend positivo dell’export durerà anche nel 2016? E la sfida dovrà continuare a essere quella vinta negli ultimi anni, ovvero crescere di valore senza crescere più di volume? Qualche risposta potrà arrivare analizzando i flussi del primo trimestre, che saranno sfornati tra qualche settimana, quando oltre quattromila espositori saranno riuniti a Verona per la cinquantesima edizione del Vinitaly (dal 10 al 13 aprile).
Più attenzione
Un dato, però, è certo e lo sottolinea Coldiretti ricordando il trentesimo anniversario dello scandalo del metanolo:
“La produzione di vino italiano negli ultimi trent’anni è scesa del 38%, passando da 76,8 a 47,4 milioni di ettolitri, mentre l’export è cresciuto del 575%, scalando posizioni da 800 milioni ai 5,3 miliardi del 2015. Oggi nel mondo una bottiglia di vino esportata su cinque è prodotta in Italia”. Aggiunge Coldiretti: “Il calo della produzione è stato accompagnato da una crescente attenzione alla qualità, con il primato dell’Italia in Europa per numero di vini con indicazione geografica: 73 Docg, 332 Doc e 118 Igt. Se nel 1986 la quota cli vini a denominazione era pari al 10% della produzione, oggi è salita al 35%, e se si considerano anche i vini Igt, categoria nata dopo 1’86, si arriva al 66%, ovvero i 2/3 delle bottiglie prodotte”.

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