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La Stampa

Crollano le vendite. L’amara Pasqua dell’Asti Spumante ... Sono 20 milioni le bottiglie di Asti spumante che non hanno fatto “il botto”. In 6 anni l’export di uno dei vini, a base Moscato, Made in Italy più bevuti all’estero ha perso più del 38% delle quote di mercato. Se nel 2011 le dogane censivano 68 milioni di bottiglie in viaggio verso i 5 continenti, nel 2015 a fatica si è arrivati a 48,5 milioni con un calo, anno dopo anno, che traccia un grafico quasi sempre con il segno meno. Nel 2012 l’export toccò quota 62,5 milioni. L’anno dopo, il 2013, 58 milioni; per risalire leggermente nel 2014 con 58,6 milioni di bottiglie in viaggio verso circa 100 paesi.
In. Italia le cose non vanno meglio. Il Bel Paese sembra essersi “dimenticato” di questo vino delle feste e la grande distribuzione in alcuni casi punta per le promozioni per esempio sul Prosecco. Per un decennio, però, i produttori di Asti hanno scelto il mondo come mercato. Per anni il primo paese acquirente è stata la Germania, ma in un quinquennio i tedeschi hanno scelto di stappare altro, passando da un import di poco inferiore ai 20 milioni di colli nel 2011 ai 9 milioni del 2016. Contemporaneamente cresceva un nuovo mercato, sulla carta dalle potenzialità allettanti, la Russia. Non è un segreto che i russi amino il Made in Italy e nel 20111 dati Istat sull’export fecero brindare i piemontesi con 13,5 milioni di bottiglie in viaggio verso Mosca. L’anno dopo scesero a 6 milioni per tornare a superare quota 10 milioni nell’anno successivo, il 2013. Nel 2014 un’altra flessione con 6,8 milioni di Asti acquistati dai distributori per arrivare nel 2015, l’anno dell’embargo e della crisi del rublo, a 5,1 milioni di bottiglie.
“I dati Nielsen ci raccontano un altro mondo - avverte Giorgio Bosticco, direttore del Consorzio di tutela dell’Asti -. Nella grande distribuzione europea e mondiale l’Asti ha appeal e le percentuali d’acquisto nei mega store sono in crescita”. La Nielsen è una società che fa indagini di mercato e valuta acquisti e tendenze. “Negli Usa siamo a più 4,6% cd in Germania a 0,5% - annota Bosticco -. Questi dati non negano la crisi, ma ci fanno capire che In realtà i numeri delle spedizioni non sempre coincidono con i volumi di vendita al pubblico”. Se in Nord America c’è il Canada che compra circa 1 milione di bottiglie di Asti all’anno, con scostamenti percentuali dal segno più di circa il 10% tra il 2014 ed il 2015, gli Stati Uniti hanno ridotto negli ultimi tre anni, gli ordini passando dalle 7,3 milioni di etichette nel 2012 alle 6,3 milioni del 2015. E la Cina? Non decolla, anzi cala. Nel 2013 e 2014 l’export si stava avvicinando a quota mezzo milione di coili, ma l’anno scorso i dati Istat registrano una flessione del 38% . A rendere un po’ meno amaro il quadro ci pensano gli inglesi che nel 2015 hanno acquistato 4,3 milioni di bottiglie, il 12% in più dei 3,8 milioni dell’anno precedente. Ora, per Bosticco, l’Asti “ha bisogno dì un piano marketing che faccia crescere la visibilità sia nei nuovi che nei vecchi mercati”.

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