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La Stampa

La legge sul biologico finisce nel cestino … Lo scioglimento delle Camere cancella un provvedimento condiviso da tutti i gruppi... FederBio: Italia resta leader in Europa ma senza piano nazionale difficle accedere ai fondi comunitari... La produzione biologica sarà anche “attività di interesse nazionale con funzione sociale, quale settore economico basato prioritariamente sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale e sulla tutela dell’ambiente e della biodiversità, anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’intensità delle emissioni di gas a effetto serra”. Si può sintetizzare così la filosofia alla base del disegno di legge che avrebbe dovuto fissare regole certe per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico. Il testo è stato approvato all’unanimità alla Camera e poi ha avuto il via libera, sempre, all’unanimità dalla commissione Agricoltura del Senato e poi si è arenato, “cestinato anche se l’approvazione avrebbero portato via non più di mezz’ora. Invece non è stato nemmeno calendarizzato nella discussione del Senato”. Lo scioglimento delle Camere riporta indietro tutto l’iter parlamentare, “siamo stufi di ricevere come da vent’anni pacche sulle spalle”, attacca Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, la federazione degli enti della filiera biologica e biodinamica. I fondi europei. L’approvazione del disegno di legge avrebbe rafforzato il ruolo di leadership dell’Italia - 72 mila aziende nel 2016 con una crescita del 20% quest’anno, 300 mila addetti e un fatturato che supera i 5 miliardi, due dei quali arrivano dall’export - e l’avrebbe messa alla pari con altri Stati europei. Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Lituania, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, infatti, hanno piani nazionali per lo sviluppo dell’agricoltura biologica. “I piani - spiega il presidente - non si limitano a indicare l’obiettivo ma mettono in campo tutte le misure per conseguirlo. Ed è con queste realtà che il settore italiano deve competere, senza il minimo sostegno e senza una strategia pubblica né a breve né a medio né a lungo termine”. Il settore non chiede fondi perché “la maggior parte delle iniziative di sostegno non comporta oneri per le casse pubbliche ma i mancati passi dello Stato impediscono al sistema italiano di accedere ai bandi europei, di cui si avvalgono i nostri principali concorrenti”. Terra e conversione. Le terre “dedicate” al biologico rappresentano il 15% del totale e il piano avrebbe dovuto prevedere interventi per favorire la conversione al biologico delle imprese agricole. “Tutto sparito”. Stessa sorte per il fondo finalizzato al finanziamento di programmi per lo sviluppo della produzione biologica. “Le risorse - racconta il presidente di FederBio - sarebbero derivate da una tassa sui pesticidi cioè l’agricoltura che inquina veniva chiamata a sostenere l’agricoltura pulita. Non se ne farà nulla”. La rete e la ricerca. Il disegno di legge finito nel cestino prevedeva che lo Stato avrebbe dovuto sostenere la stipula di contratti di rete tra le imprese della filiera biologica. La norma è saltata. “Ma lo Stato - attacca Carnemolla - non sosterrà più la ricerca tecnologica e applicata per il settore della produzione agroalimentare biologica. Le aziende così dovranno continuare a sperimentare sulle loro spalle, a loro spese e, necessariamente su piccola scala, con incerta diffusione dei risultati positivi”.

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