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La Verità

Sul vino sir ischia una battaglia diplomatica … Per l’Europa il vino diventa un amaro calice. All’Italia potrebbe costare un miliardo di euro da qui a pochi mesi, grazie alla Commissione di Ursula von der Leyen che ha avallato la legge irlandese che lo etichetta come sostanza cancerogena. Per tutta risposta il Parlamento italiano impegna il governo a presentare ricorso al Wto (l’organismo che regola il commercio mondiale) e denunciare alla Corte di giustizia europea Dublino se, entro il 2026, metterà al bando le bottiglie. L’Irlanda non intende fare alcun passo indietro sulla decisione di etichettare gli alcolici e, dunque, potranno apparire scritte dissuasive del tipo “se lo bevi rischi il cancro”, esattamente come con le sigarette. Il ministro della salute StephenDonnely è pronto a firmare i decreti che danno attuazione alla legge votata nel 2018 dal Parlamento irlandese e avallata col silenzio-assenso della Commissione europea. Il ministro dell’agricoltura l irlandese Charlie McConalogue, incontrando il nostro ministro dell’Sgricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigoda, aveva fatto mostra di prendere in seria i considerazione l’obiezione i sollevata dall’Italia, che ha sottoscritto un documento comune con Francia e Spagna, i sul fatto che l’etichettatura dissuasiva sul vino viola i trattati dell’Unione e attenta al mercato comune. Ma poi ha fatto sapere: “La competenza sulla materia non è mia, ma del mio collega ministro della Salute”. Dunque gli impegni irlandesi a non provocare una frattura nell’Ue, è il caso di dirlo, sono scritti sull’acqua. Dublino ha fatto sapere, sempre attraverso il suo ministero della Salute, che Ursula von der Leyen è d’accordo sul veto all’alcol e, dunque, al vino. Affermano gli irlandesi: “Con la nostra legge del 2018 abbiamo anticipato le sagge decisioni assunte dalla Commissione europea nel suo documento per la lotta al cancro”. Che se ne infischia delle deliberazioni del Parlamento europeo, ora ai minimi della sua credibilità dopo lo scandalo Qatar-gate che coinvolge ex e attuali parlamentari del Pd. Ma, così facendo, la Commissione mette a rischio la tenuta dell’Ue e la credibilità dei trattati. Il 15 febbraio di un anno fa, l’assemblea di Strasburgo respinse a larga maggioranza il piano Beca (anticancro) presentato dalla Commissione. E ribadiva che “vino, birra e spirits sono parte dello stile di vita degli europei. Abbiamo bisogno di moderazione, non di divieti”. Carta straccia per la Commissione, che col suo portavoce Stefan De Keersmaecker ha ribadito: “Il piano Ue prevede una riduzione del consumo di alcol di almeno il 10% entro il 2025. L’etichettatura è un argomento molto importante e abbiamo già annunciato, nel “Farm to Fork” e nel piano per battere il cancro, che lavoriamo a una revisione delle norme Ue in materia, per rendere i consumatori capaci di fare scelte informate su alimenti, il lavoro tecnico è in Corso”. Tradotto, significa che an-che sul Nutriscore – l’etichetta a semaforo che premia le patatine fritte e punisce l’extravergine di oliva - la Commissione vuole prendere tempo per poi ; imporlo e, sempre secondo il Nutriscore, il vino è da bollino nero. Ridurre del lost il consumo di alcol in Europa, per l’Italia, significa un danno netto di almeno un miliardo di euro, considerando che il vino fattura 14 miliardi di cui un po’ più di dieci sono realizzati tra mercato nazionale e mercato europeo. Lo scontro, a questo punto, diventa politico ed economico. Il presidente della commissione Agricoltura della nostra Camera dei deputati, l’onorevole Mirco Cartoni (Lega) già assessore agricolo delle Marche - la Regione che ha la più alta aspettativa di vita in Europa ed è seconda in Italia per consumo di vino - ha presentato ai deputati una mozione che è stata approvata due giorni fa all’unanimità in cui si afferma: “È un errore considerare il vino solo una bevanda alcolica dacché è provato che un consumo moderato apporta benefici. Il Parlamento sostiene il governo fino al punto di proporre ricorso in sede Wto e davanti alla Corte di giustizia europea”. Anche perché si capisce che dietro alla preoccupazione sanitaria si nasconde una manovra protezionistica di Dublino. Gli irlandesi bevono pochissimo vino, appena 17 litri all’anno anche se il consumo è in aumento tra le donne che scelgonovini bianchi e prosecco. Gli irlandesi - tra i più forti consumatori di alcol in Europa, - bevono 26o litri della loro birra e 40 litri del loro whisky a testa. Ci sono - così stima il governo di Dublino - oltre mille decessi all’anno dovuti al consumo di alcol, responsabile del 2,4% dei tumori, con alti costi sanitari. In Irlanda c’è una tassazione forte sugli alcolici, ma mentre al vino viene applicata una tassa di 7,40 euro per tre quarti di litro, la birra paga solo 1,70 euro per un terzo di litro. C’è da domandarsi se Dublino, che si fa forte del parere espresso dalla Beca Europa (il programma anticancro della Commissione) per cui non esiste una soglia massima di tolleranza di alcol perché fa male comunque, non abbia l’intenzione di proteggere la sua birra dal crescente import di vino. Soprattutto italiano.

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