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La Verità

Un Chianti Classico per ricordare Giacomo Tachis … Oggi, sette anni fa, lo salutavamo nella pievina di San Casciano: andava a coltivare la vigna celeste. C’erano i molti che ha beneficato creando vini di assoluto pregio. Non solo per le tecniche di cantina, ma perché solo lui è riuscito a restituire l’anima al vino. Degustando la vasta produzione di Giacomo Tachis s’avvertono le bottiglie con l’anima e quelle che sono semplicemente perfette. L’anima era riservata solo a chi la sapeva comprendere e custodire. Mi sento orfano di Giacomo e per ricordarlo ho scelto non un vino, ma un sentimento fatto vino. Quante ore abbiamo passato nella sua cuccia-biblioteca-laboratorio là dove faceva le analisi ascoltando Bach a ragionare di Marsilio Ficino. Se ha firmato il rinascimento del vino è per questa profonda ragione. Lo vedo passeggiare il viale di cipressi che porta alla torre massella di Castell'in Villa là dove la Berardenga di creta si fa coltivo. Lì conobbi con lui una donna che partecipa dell’Olimpo: la principessa Coralia Ghertsos Pignatelli della Leonessa che ha occhi d'infinito, mistero greco, umiltà aristocratica di gesto, ampiezza di pensiero. Nel 1977 Tachis incoraggiò Riccardo Pignatelli a perseguire l’avventura del vino in quell’angolo di senesità che è Castell’in Villa (oggi c’è ospitalità di altissimo pregio e galleria d’arte). Nel 1985 Coralia perse il compagno della vita e Giacomo col Podere delle Rose creò per lei l’elogio del Sangiovese che fu consolazione e spinta a nuova impresa. La principessa ha continua to a dare l’anima al vino. Il suo “Santacroce” (la firma di Tachis è il Cabernet che arrotonda il Sangiovese) e la Riserva “In” sono vini eccelsi e costano. Per entrare a Castell’in Villa scelgo il Chianti Classico. Il vino base che è esplicita narrazione dell’unicità di questo luogo. Sangiovese in purezza fa botte grande per tre anni e un semestre di vetro prima di disvelarsi al bicchiere come un rubino splendente. Al naso offre ribes e marasca, poi viola e sfumatura di noce moscata e alloro. Al palato è energico, fresco, pieno e armonico e s’allunga in ritorni fruttatospeziati. Ha il carattere e l’anima di chi lo genera: classe, spontaneità, profondità. Perfetto da carni in griglia e arrosto, da formaggi semiduri, da paste salsate. Per me unico coi pici all’aglione.

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