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La Verità

Etichetta anti vino, Dublino accelera e Bruxelles apre pure al riso asiatico … Mentre cresce il fronte del no, l’Irlanda notifica le nuove norme al Wto anche se violano il libero mercato Luce verde per l’import di chicchi da Vietnam, India e Cambogia nonostante l’uso del triciclazolo, qui vietato… Vino, riso, frutta: le leadership italiane di mercato sono un bersaglio della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Sostenuta anche dagli oracoli scientifici come quelli della professoressa Antonella Viola, che pur ritratta con un calice in mano, insiste nella sua crociata contro l’alcol e il vino e dà ragione agli irlandesi che vogliono scrivere sulle bottiglie di Chianti o di B arolo: fa venire il cancro. “L’alcol fa male”, twetta la virostar, “i medici che non lo dicono sono come i dottori no vax”. Forse la Viola non si rende conto di aver toccato un argomento molto interessante: lo Stato etico che si fa Stato dietetico. Proprio come è avvenuto con il Covid: indurre paura per costringere le persone e magari fare un piacere indiretto a Big pharma. Sarebbe da chiedere alla dottoressa Viola che insiste nel dire che per tutte le bevande alcoliche c’è un legame certo con i tumori se ha studiato le possibili zoonosi uomo-insetti che ora l’Ue ci vuole far mangiare o le interazioni con i pesticidi del riso. E freschissima la notizia che la Commissione europea, così preoccupata per la nostra salute da aver approvato le etichette dissuasive irlandesi peraltro calpestando un parere contrario del Parlamento di Strasburgo, ha dato il via libera all’importazione di riso da Cambogia, Myanmar, Vietnam, India e Pakistan ancorché trattato con una sostanza vietata nell’Ue: il triciclazolo prodotto dalla multinazionale Dupont, che ha perorato la causa accolta a Bruxelles. L’Efsa - lo stesso ente che liberalizza i vermi nel piatto salvo poi dire che i minori di 18 anni è meglio che non li mangino - ha concesso una “franchigia” di tolleranza per i residui di triciclazolo nel riso importato nonostante dal 2016 l’utilizzo di questa sostanza sia proibito nell’Ue. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, e Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, protestato con la Commissione osservando, tra l’altro, che la non applicazione della clausola di salvaguardia ha aumentato di No volte l’importazione da Myanmar. E il caso di ricordare che il primo Paese produttore di riso in Europa è l’Italia? Un altro primato italiano, quello nell’ortofrutta, è minacciato dalle importazioni selvagge. A Berlino con Fruit logistica - la più importante fiera di settore - si è appreso che le esportazioni italiane di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta i io miliardi di euro (aumento dell’8%) nonostante l’aumento dei costi, la guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e gli effetti dei cambiamenti climatici. Anche qui - lo conferma uno studio Divulga per Coldiretti - siamo di fronte all’ennesimo schiaffo europeo. Le pere Nashi arrivano regolarmente dalla Cina, ma non possiamo esportare a Pechino quelle italiane perché non è stata ancora concessa l’autorizzazione fitosanitaria. Nonostante l'accordo Ceta tra Ue e Canada, non possiamo esportare i pomodorini nel Paese dell'acero perché i canadesi - che boicottano il vino come gli irlandesi con le etichette dissuasive - vorrebbero che fossero trattati con il bromuro di metile che da noi è vietato. Porte sbarrate ai kiwi in Giappone anche se c'è l'accordo di libero scambio Jeta siglato dall’Unione europea. I prodotti italiani non vengono difesi, ma si consente che vengano attaccati. In questo quadro l’Irlanda ha già notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) le norme tecniche sull'etichettatura dissuasiva degli alcolici. Il periodo per la presentazione delle opposizioni scade tra go giorni. La Commissione europea ha già detto che è d’accordo con l’Irlanda nonostante Italia, Spagna Francia e altri dieci Paesi si oppongano e chiamino in causa direttamente il commissario al Mercato interno Thierry Breton perché l’iniziativa irlandese viola i trattati di libero scambio dell’Unione. Ma i francesi al contempo pur alle prese con una crisi gravissima del loro vino tant’è che a Bordeaux ci sono violente proteste e sono stati avviati espianti di viti e distillazione obbligatoria per smaltire le eccedenze - hanno cominciato una campagna di dissuasione sul consumo dell’alcol che piace tanto ad Antonella Viola per evitare un contrasto duro con la von der Leyen e non mettere in difficoltà il loro Breton. L’Italia invece dall’iniziativa irlandese comincia ad avere dei contraccolpi. Non solo perché il danno d'immagine sul vino mette a rischio il nostro export complessivo che vale 8 miliardi, ma perché sul mercato interno i giovani preferiscono cocktail e birra. Il consumo di vino è sceso sotto i 40 litri pro capite all’anno e la birra è arrivata a 35,4. Non diminuisce il consumo di alcol, si differenzia allontanandosi pericolosamente da quello consapevole della tradizione mediterranea. Ora la battaglia da Bruxelles si sposta a Ginevra, sede del Wto, e in Lussemburgo davanti alla Corte di giustizia con i ricorsi che stanno presentando le maggiori organizzazioni del vino. L’Italia sta anche tessendo alleanze. Il presidente della commissione agricoltura della Camera Mirco Canoni (Lega) ieri a Berlino ha incontrato il suo omologo tedesco Hermann Färber per costruire con gli altri parlamenti nazionali iniziative a difesa del vino e dell’agricoltura visto che l’apertura delle frontiere continentali, anche con deroghe sanitarie, si giustifica col Farm to fork. La Commissione ha deciso di ridurre la produzione agricola continentale nell’ambito del Green deal. Sarà folle, ma è verde e per consolarci non c’è neppure un bicchiere di vino.

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