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La Verità

L’Oltrepò ridà onore (finalmente) á Buttafuoco… È il maggiore giacimento di pinot nero, fa
in alcuni casi spumanti di altissima classe - penso al mio amico Pierangelo Boatti e a sua sorella Laura con Monsupello, penso a Tenuta Mazzolino, a Torrevilla dove Leo Valenti ha fatto un lavoro superlativo
- ma fa fatica a farsi acquistare per il valore che ha. Complici scelleratezze associate e un’atavica incapacità a
farsi territorio per poco fondate rivalità, l’Oltrepò ha disperso un patrimonio invidiabile al netto degli scempi edilizi. La Regione Lombardia ora ci ha messo mano e da Riccagioia ha fatto partire sotto la regia del professor Carlo Alberto Carnevale Maffè una riqualificazione complessiva di questa terra da vino. Così si cominciano a sentire vagiti d’innovazione sostenuti da profonda convinzione e dedizione. È il caso di Bosco del Sasso. Siamo a Roncole di Caneto Pavese, la vigna - meno di 5 ettari – abbraccia una collina solatia punteggiata dai cipressi. È la scommessa di due amici - Marco Maggi e Manuela Elsa Centinaio - che ci hanno messo dentro linfa finanziaria e passione per fare vini di classe e di grande sincerità. La prima produzione è un metodo Martinotti (lungo) da Pinot Nero per avere col 1909 uno spumante di beva pronta, ma anche di sufficiente nerbo. L’intento però è quello di recuperare la radice profonda della viticoltura di Oltrepò. Ecco il secondo vino: il Buttafuoco. Notizia lietissima per chi è devoto a Bacco e prova d’autore per chi lo fa. Il Buttafuoco è vino identitario purtroppo negletto da produzione dozzinale per troppo tempo. Qui a Bosco del Sasso invece hanno restituito tutto l’onore a questo uvaggio di Croatina, Barbera e Uva Rara come dire il dialetto in vigna di queste terre. Fa solo acciaio, ma macerazione lunga per estrarre. Al bicchiere è rosso-viola profondo e brillante, al naso è quasi esuberante di mora, susina, sfumatura di geranio, leggero erbaceo. Al palato parla una lingua aristocratica: entra deciso, poi si fa carezza, scalda e finisce lungo e molto armonico con ritorni sui toni fruttati amaricanti. Non butta fuoco, ma regala tannino robusto e pienezza ai sensi. Da carni in arrosto, brasati, da paste salsate, da selvaggina e cucina del quinto quarto. Si sposa ai formaggi spessi. L’ho trovato assoluto con un classico: risotto al salame e fagioli.

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