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La Verità

Malvasia nera: l’altra anima del Chianti Classico … Il vino offre continue emozioni come incontrare l’inconsuetudine di un eccelso consueto. Capita d’incamminarsi per l’erta di Gaiole, là dove il Chianti si veste di magnifico. È natura coltivata secondo un disegno d’arte, è storia che si sedimenta nei muri a secco, nelle Badiole, nelle turrite ville, è invito alla riflessione alta che s’inerpica in quel gotico degli alberi che sono i cipressi. In questa stagione è un rosseggiare dorato di pampini che si fanno autunno, è primo odore di camino e di grigliata, è afrore turgido di funghi, è olio nuovo che cola sul pane abbrustolito. Lì s’erge fin dalla metà del Duecento il Castello di Meleto, turrito di munizioni cilindriche. E un unicum architettonico e anche una rarità “aziendale”: è una sorta di public company della vigna. Il castello, oggi resort esclusivo mutato nella destinazione, ma assolutamente originale nella costruzione e che ospita anche una “tentatrice” bottega del vino, è immerso in 1.000 ettari di bosco. Il Chianti Classico, la Gran Selezione, sono vini di rara eleganza ed espressività (riconoscibilissimi per le eleganti etichette), dove il Sangiovese trova alta espressione. Ci sono i cru che rendono evidente come il vitigno principe di Toscana senta il territorio. C’è anche un ottimo spumante metodo classico e un vinsanto che è elogio della tradizione. Ma ecco che spunta un vino inconsueto, sia pure toscanissimo dacché veniva usato in uvaggio con il Sangiovese per dargli nerbo gentile e colore. A Meleto – dove Lucia Pasquini tiene le redini e Michele Contartese tutto cura – hanno deciso di dare alla Malvasia nera protagonismo. È nato così il Camboi – sta per campo dei buoi - Malvasia nera in purezza. E una rarità e la sorpresa è evidente quando il vino che matura in barrique per quasi due anni si mostra rubino carico, brillante con riflessi viola al bicchiere. Al naso è macedonia di frutti rossi, con inflessione di vaniglia, leggera speziatura ben armonizzata. Al palato è velluto e potenza: il tannino ben levigato segnala la sua presenza, la bocca è invasa da un’armonica concordanza tra alcol e freschezza, il ritorno è sostenuto sui toni fruttati. Da carni rosse, da grigliata, da pappardelle al cinghiale, io l’ho trovato incantevole con i fegatelli di maiale nella rete e fagioli zolfini.

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