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Libero

Investire nel vino può rendere il 20%, ma occhio ai falsi ... Continua la corsa all’investimento nel vino come in un bene rifugio perché quasi nessun prodotto, in particolare nel settore agroalimentare, può arrivare ad avere performance simili. Un vino di qualità e da invecchiamento, meglio se prodotto in serie limitata, si rivaluta nel tempo e nel mondo ci sono schiere di appassionati e facoltosi collezionisti pronti poi a riacquistare le referenze delle diverse annate pronte a riacquistare le referenze più iconiche rivalutatesi nel tempo. Osservando i trend degli ultimi 30 anni, il vino di alta qualità, in particolare quello con bottiglie dal costo superiore ai 100 euro, ha fatto registrare crescite in valore del 10% annuo in media, con punte di quasi il 20% in certi casi se si considerano solo gli ultimi almi. In un’epoca d’inflazione e di banche che non incentivano più i risparmiatori con i tassi d’interesse come in passato, si sta tornando alla fisicità dei beni. Il vino di alta gamma garantisce ritorni elevati e una plusvalenza tangibile, senza tante imposte con cui fare i conti. A differenza del complesso accesso alle criptovalute è un modo per diversificare il proprio portafoglio d’investimento senza temere l’intangibilità e la volatilità dei mercati. Perfino il miliardario americano Warren Buffett, soprannominato l’oracolo di Omaha per la sua abilità di previsione, consiglia di investire l’1% della propria ricchezza in vini. Ma mettere i soldi nel vino è un nuovo universo da conoscere e capire per mettere a frutto i propri sforzi. E una frontiera che sta crescendo e che attrae tuia platea eterogenea, compresi giovani e tante donne. Molti wine lovers comprano sei bottiglie pregiate e trascorsi alcuni anni ne rivendono quattro tenendone due per sé avendo in cantina vini top di gamma, dai 100 ai 500 euro in su, gratis. Per investire sui vini bisogna però avere cultura, che richiede un percorso e tanto studio o adeguati consulenti, ma occorre anche conservarli correttamente per non sciupare il contenuto delle bottiglie e le etichette. L’altra insidia è la contraffazione (bisogna saper riconoscere la bottiglia originale da quelle false) e infine bisogna sapere sia tramite chi è più profittevole acquistare e quali sono tempi, modi e canali per rivendere a valore le referenze sulle quali si è precedentemente scelto d’investire. Resta un fatto: il futuro non è dei vini “primo prezzo” o delle denominazioni svendute. Sul mercato il futuro appartiene ai marchi capaci di esprimere una doppia forza: qualità e distintività.

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